Il contributo del binomio talk show/pubblicità alla deriva “panpopulistica” del diritto penale

La recente legislazione penale si caratterizza per un completo stravolgimento del diritto penale del fatto verso forme di diritto penale d’autore, come dimostra la criminalizzazione di categorie di soggetti ai margini della società. Un tale meccanismo, che si traduce in un marcato aggiramento dei principi costituzionali in materia penale, è il frutto di numerosi fattori. Un ruolo significativo viene svolto da alcuni programmi televisivi che per ragioni di share e, dunque, per il conseguimento degli introiti connessi alla pubblicità sempre più invasiva, non esitano a sfruttare determinati avvenimenti criminosi ampliandone la portata e, per molti versi, distorcendo la realtà attraverso la drammatizzazione e la spettacolarizzazione degli eventi. Discende da ciò un’amplificazione delle paure della collettività che chiede risposte sempre più drastiche. Il legislatore, d’altro canto, anziché intervenire alla radice del problema asseconda le istanze populistiche e di fatto vulnera gli spazi di libertà delle persone attraverso interventi, tutto sommato, carenti di effettività. In una prospettiva di riforma occorre recuperare le indicazioni costituzionali che rifiutano qualunque impostazione funzionale a criminalizzare il modo di essere dell’individuo, ma ancorano la sanzione penale a fatti offensivi di beni giuridici meritevoli della repressione penale mediante sanzioni proporzionate e non viziate sul terreno della ragionevolezza. Particolare importanza assume, in una tale ottica, il ruolo della Corte costituzionale.

Recent criminal legislation is characterised by a complete overhauling of de facto criminal law towards forms of criminal copyright law, as shown by the criminalisation of categories of subjects on the margins of society. Such a mechanism, which results in a marked circumvention of constitutional principles in criminal matters, is the result of several factors. A role of paramount importance is played by certain television programmes which, for reasons of ratings and, therefore, in order to obtain revenue from increasingly invasive advertising, do not hesitate to exploit certain criminal events by expanding their scope and, in many ways, distorting reality through the dramatisation and spectacularisation of events.  The result is an amplification of fear among the community, which demands increasingly drastic responses. On the other hand, the legislator, instead of tackling the root of the problem, panders to populist demands and, in fact, undermines people’s areas of freedom through interventions that, all in all, lack effectiveness. In a reform perspective, it is necessary to recover the constitutional indications that reject any approach aimed at criminalising the individual’s way of being but anchor the criminal sanction to facts that offend legal assets deserving of criminal repression by means of proportionate sanctions that are not vitiated in terms of reasonableness. The role played by the Constitutional Court is crucial in this respect.

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