Un approccio economico al diritto di accesso a Internet: verso una revisione del servizio universale

La pandemia ha rivelato ancora una volta come il diritto di accesso a Internet svolga un ruolo chiave nelle società moderne. L’articolo parte dalla constatazione che gli aspetti economici della questione siano stati spesso trascurati rispetto a quelli della copertura della rete, basati su una dimensione principalmente geografica del problema. Come mostrano i dati sull’Italia e su altri Paesi, non basta posare le reti perché il loro uso segua automaticamente. Ciò significa che, al miglioramento della disponibilità di connettività veloce, le famiglie a basso reddito potrebbero rimanere escluse dall’adozione digitale, perdendo le opportunità offerte da Internet e non essendo in grado di tenere il passo con il resto della società. D’altronde, gli attuali strumenti per colmare il divario digitale e combattere la povertà digitale appaiono inadeguati. Come una reliquia di un passato pre-liberalizzazione, nella sua attuale configurazione il servizio universale non include la banda larga e ultralarga (ma neppure tecnologie inferiori). Pertanto, il “Piano voucher”, varato dal governo e attualmente in corso di attuazione, colma un vuoto delle politiche pubbliche, anche se, in attesa di poter effettuare una valutazione sui suoi impatti effettivi, rimane una misura una tantum. Una revisione del servizio universale, richiesta dal Codice europeo delle comunicazioni elettroniche in via di recepimento, rappresenta un passaggio urgente. Che dovrebbe portare a un quadro organico e stabile, basato probabilmente su un mix di strumenti (tra le diverse opzioni disponibili, bonus sociali, voucher, dispositivi gratuiti) al fine di ottenere sia equità che efficacia. Solo allora, la digitalizzazione potrà diventare veramente accessibile a tutti.

The pandemic once again has revealed how the right to Internet access plays a key role in modern societies. The article starts from the observation that the economic aspects have often been overlooked compared to the physical network, with its geographic component. As data on Italy and other countries shows, once infrastructures are deployed, their use may not automatically follow. This means that low-income families could stay excluded from the digital uptake, missing out on the opportunities brought by the Internet and not being able to keep up with the Jones’. Current tools to bridge the digital divide and fight digital poverty appear inadequate. As a pre-liberalization relic from the past, universal service does not include high-speed connectivity (let alone medium-speed). Therefore, the “Voucher Plan”, set up by the Italian government and currently underway, fills a policy void. However, if an assessment still needs to be carried out, it remains a one-off measure. A revision of the universal service, required by the European electronic communications code, must be an urgent next step. An all-encompassing and stable framework would probably rely on a mix of tools (e.g., social bonuses, vouchers, free devices) in order to achieve both equity and efficacy. Only then, can digitalization become truly accessible to all.

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