Collecting – Tra esigenze di coordinamento del sistema e strumenti di promozione della concorrenza

La legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022[1] modifica il secondo comma dell’art. 180 della Legge sul Diritto d’Autore. In particolare, con tale modifica viene previsto che la concessione delle licenze, da parte degli organismi di gestione collettiva, relativamente ai diritti d’autore elencati nel suddetto articolo, avvenga a condizioni economiche ragionevoli e proporzionate al valore economico dell’utilizzo dei diritti negoziati e alla rappresentatività di ciascun organismo di gestione collettiva. Inoltre, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni definisce, con proprio regolamento, i criteri per la determinazione della rappresentatività per ciascuna categoria di diritti intermediati. Considerata le finalità della Legge annuale della concorrenza, tra cui l’apertura dei mercati e la promozione dello sviluppo della concorrenza, la suddetta modifica sembra assumere particolare rilievo. Tuttavia, almeno prima facie, l’intervento legislativo appare limitato solo all’intermediazione dei diritti d’autore di cui all’art. 180 LDA. La questione che allora si pone è se principi fondamentali, quali quelli della ragionevolezza e della proporzionalità dei compensi, nonché quello della rappresentatività, debbano essere invece estesi a qualsiasi diritto oggetto di intermediazione, a qualsiasi opera o materiale protetto, nonché a qualsiasi collecting, soprattutto a seguito della recentissima sentenza della Corte di giustizia, nella causa C-10/22, del 21 marzo 2024. Inoltre, la modifica normativa non chiarisce se la rappresentatività della singola collecting ai fini della determinazione del valore economico dell’utilizzo dei diritti assuma rilevanza sempre o solo in determinate circostanze.

 

Sommario: 1. La Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 e l’intermediazione dei diritti d’autore. – 2. Il rapporto tra la modifica all’art. 180 LDA e il d.lgs. 35/2017 di attuazione della Direttiva Barnier. – 3. Le competenze dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in materia di rappresentatività delle collecting. – 4. Conclusioni

 

  1. La Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 e l’intermediazione dei diritti d’autore

Con la l. 30 dicembre 2023, n. 214 (legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022) il secondo comma dell’art. 180 della Legge sul Diritto d’Autore (legge 22 aprile 1941, n. 633 – “LDA”) è stato integrato per precisare che «la concessione, per conto e nell’interesse degli aventi diritti, di licenze e autorizzazioni per l’utilizzazione economico di opere tutelate» deve avvenire «a condizioni economiche ragionevoli e proporzionate al valore economico dell’utilizzo dei diritti negoziati e alla rappresentatività di ciascun organismo di gestione collettiva. Con regolamento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (“AGCom”) sono definiti i criteri per la determinazione della rappresentatività degli organismi di gestione collettiva per ciascuna categoria di diritti intermediati».

L’art. 180 LDA riguarda le attività di intermediazione dei «diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate».

L’articolo in questione non riguarda dunque qualsiasi diritto oggetto di intermediazione, bensì solo quelli d’autore e, per tali diritti, solo quelli ivi elencati. Non copre, dunque, i diritti connessi né, quanto ai diritti d’autore, i diritti non contemplati da tale norma come quelli relativi alla comunicazione al pubblico on demand[2][3].

Inoltre, l’art. 180 LDA si riferisce solo agli Organismi di Gestione Collettiva (OGC), inclusa SIAE. La modifica legislativa riguarda, pertanto, solo gli OGC che rappresentano i diritti d’autore elencati in tale previsione. Tuttavia, i principi che tale modifica sembra voler valorizzare, e soprattutto le nuove competenze attribuite ad AGCom per la determinazione della rappresentatività, dovrebbero essere estesi anche alle Entità di Gestione Collettiva (EGI)[4], specialmente alla luce della sentenza della Corte di giustizia nella causa C-10/22[5], e alle collecting che rappresentano i titolari di diritti connessi.

  1. Il rapporto tra la modifica all’art. 180 LDA e il d.lgs. 35/2017 di attuazione della Direttiva Barnier

Il descritto intervento normativo sembra sovrapporsi, almeno in parte, a quello operato con il d.lgs. 35/2017 di attuazione della direttiva (UE) 2014/26, c.d. Direttiva Barnier[6].

Al suo art. 22, il suddetto d.lgs. già prevede per qualsiasi diritto oggetto di intermediazione da parte di collecting (e, dunque, non solo per i diritti d’autore disciplinati all’art. 180 LDA)[7] che «le tariffe relative a diritti esclusivi e a diritti al compenso devono garantire ai titolari dei diritti una adeguata remunerazione ed essere ragionevoli e proporzionate in rapporto, tra l’altro, al valore economico dell’utilizzo dei diritti negoziati, tenendo conto della natura e della portata dell’uso delle opere e di altri materiali protetti, nonché del valore economico del servizio fornito dall’organismo di gestione collettiva. Quest’ultimo informa gli utilizzatori interessati in merito ai criteri utilizzati per stabilire tali tariffe» (c. 4)[8].

Peraltro, il principio di commisurazione delle condizioni economiche della concessione di una licenza attribuita da una collecting al “valore economico dell’utilizzo dei diritti negoziati” (c.d. “criterio oggettivo”) era già stato affermato da sentenze della Corte di giustizia che risalgono agli inizi del 2000.

In particolare, la Corte di giustizia nel caso SENA (C-245/00) afferma che il compenso «rappresenta la controprestazione dell’uso di un’opera» ed «implica che il suo carattere equo sia, in particolare, definito alla luce del valore di tale uso negli scambi economici». In STIM (C-52/07), la Corte riconosce (in un caso di supposto abuso di posizione dominante di un ente di gestione collettiva) il principio secondo il quale deve esserci un «ragionevole rapporto con il valore economico della prestazione fornita». Tale rapporto è meglio conseguito da metodi che, invece di basarsi su tariffe calcolate in funzione dei ricavi e del volume di musica telediffusa, consentano «di identificare e di quantificare in maniera più precisa l’utilizzo di tali opere».

La verifica della portata e della natura dell’uso, che possono essere diverse per i singoli utilizzatori, impone che la negoziazione con le collecting tenga conto di vari elementi relativi all’uso dell’opera, come ad esempio il tempo di utilizzo del repertorio tutelato, la relativa audience, la tipologia di utilizzo e il tipo di servizio includente l’opera o il materiale protetto. Nell’ambito di questo esercizio, va anche considerato che potrebbe non esservi una diretta correlazione tra i ricavi dell’utilizzatore e i compensi spettanti per l’uso dei repertori tutelati nel senso che a parità di utilizzazione di repertori tutelati, ad esempio in un anno rispetto a quello precedente, i ricavi potrebbero essere diversi in ragione di fattori riconducibili ad altre legittime scelte dell’utilizzatore (ad esempio, con riguardo ad investimenti in tecnologie, in talent di successo, in promozione e così via).

Inoltre, l’art. 22 del d.lgs. 35/2017 impone la conformità ad ulteriori criteri che non si ritiene possano considerarsi superati dalla previsione dell’art. 180 LDA, come integrata dalla l. 214/2023.

Infatti, ai sensi dell’art. 22 del d.lgs 35/2017, «la concessione delle licenze avviene a condizioni commerciali eque e non discriminatorie e sulla base di criteri semplici, chiari, oggettivi e ragionevoli» (c. 3, primo periodo) e «le tariffe relative a diritti esclusivi e a diritti al compenso devono garantire ai titolari dei diritti una adeguata remunerazione ed essere ragionevoli (…), tenendo conto […] del valore economico del servizio fornito dall’organismo di gestione collettiva» (c. 4).

Anche il principio della rappresentatività delle collecting (“criterio soggettivo”) appare essere un acquis nell’ambito del sistema unionale.

In particolare, dalla Direttiva Barnier sembrerebbe derivare che ciascuna collecting, nel negoziare i compensi, debba tenere conto della sua concreta rappresentatività da misurare in ragione del numero di autori o artisti rappresentati per ciascuna categoria di diritti, del numero di diritti conferiti in gestione alla collecting da parte di ciascun autore o artista e del “peso” di questi ultimi nelle opere o materiali protetti oggetto di utilizzazione. Ai fini della determinazione della rappresentatività occorrerebbe avere anche riguardo, per ciascun utilizzatore, all’effettivo suo utilizzo delle opere o dei materiali protetti amministrati, in tutto o in parte, dalla collecting. In altri termini, la rappresentatività non andrebbe misurata solo in rapporto al mercato dell’intermediazione dei diritti, bensì nei confronti del singolo utilizzatore e in rapporto all’incidenza del repertorio della singola collecting negli utilizzi di quest’ultimo.

La Direttiva Barnier invero attribuisce espresso rilievo agli obblighi di trasparenza in capo alle collecting con riguardo alla “spendita” del proprio repertorio e dei diritti rappresentati.

A questo riguardo, l’art. 20 della Direttiva Barnier (art. 27, c. 2, del d.lgs. 35/2017)[9] prevede un obbligo di trasparenza in capo alle collecting, le quali su richiesta debitamente giustificata degli utilizzatori e senza ritardo, debbono inviare, per via elettronica, l’elenco delle opere e dei diritti rappresentati. Inoltre, l’art. 17 di tale direttiva (art. 23 del d. lgs. 35/2017)[10], che disciplina gli obblighi di rendicontazione degli utilizzatori nei confronti delle collecting, stabilisce una correlazione tra le informazioni che l’utilizzatore deve fornire e la rappresentanza della collecting. Infatti, tale articolo prevede che «[…] gli utilizzatori facciano pervenire, […] all’organismo di gestione collettiva le informazioni pertinenti a loro disposizione sull’utilizzo dei diritti rappresentati dall’organismo stesso che sono necessarie per la riscossione dei proventi dei diritti […] e per la distribuzione e il pagamento degli importi dovuti ai titolari dei diritti». Dai considerando della Direttiva Barnier, emerge poi che una collecting può rappresentare un titolare di diritti anche solo in parte, dal momento che quest’ultimo ha la facoltà di affidare la gestione di alcuni diritti o categorie di diritti ad un’altra collecting (v. considerando 19 e 42).

Quando poi la rappresentatività (e non la mera “rappresentanza”) diventa legislativamente un parametro di determinazione del compenso dovuto alle collecting si impone un’ulteriore riflessione.

Difatti, se la rappresentatività può assumere una certa valenza per la determinazione di un compenso di tipo forfettario, in un approccio di tipo analitico che guardi all’effettivo utilizzo della singola opera o materiale protetto (cd. pay per use) sembra che l’importanza della rappresentatività della collecting si attenui per dare maggiore spazio e centralità ai principi espressi nell’art. 22 del d.lgs. 35/2017 per la determinazione delle tariffe relative a diritti esclusivi e a diritti al compenso. In un approccio, infatti, di tipo analitico alla determinazione del compenso, i criteri di valorizzazione oggettiva dei diritti rivestono particolare importanza.

Questi criteri mirano a determinare il valore economico dell’utilizzo dei diritti intermediati dalla collecting per i propri autori o artisti presenti in un’opera o materiale protetto, considerando la natura e la portata dell’uso delle opere e degli altri materiali protetti, nonché il valore economico del servizio fornito dall’organismo di gestione collettiva.

In un approccio di quest’ultimo tipo, che appare particolarmente avanzato e più coerente con un mercato più aperto e competitivo, la determinazione delle formule dei compensi pone al centro il valore in sé dei diritti intermediati, indipendentemente dalla rappresentatività della stessa collecting.

  1. Le competenze dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in materia di rappresentatività delle collecting

Partendo dall’assunto che la (ulteriore) codificazione normativa dei criteri oggettivi di valorizzazione economica dei diritti e di quelli soggettivi (e cioè della rappresentatività) non intendano introdurre nel sistema principi diversi da quelli già presenti nell’ordinamento unionale e fermi i rilievi espressi sopra in merito ad una nozione di rappresentatività che non sia applicata solo nelle circostanze che la richiedano, la novità della modifica introdotta dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza sembrerebbe risiedere nell’attribuzione all’AGCom[11] del compito di definire i criteri per la determinazione della rappresentatività degli organismi di gestione collettiva di cui all’art. 180 LDA, con riferimento a ciascuna categoria di diritti intermediati, seppur nei “limiti” del suddetto art. 180[12].

Si tratta, peraltro, di un’attività regolamentare che AGCom ha già iniziato a svolgere, ma per finalità diverse da quella relativa alla determinazione dei compensi[13].

Più in particolare, la LDA, come modificata dal d. lgs. 177/2021 di attuazione della direttiva (UE) 2019/790[14], ed in specie il suo art. 180-ter, prevede che AGCom determini i tre organismi di gestione collettiva maggiormente rappresentativi per ciascuna categoria di titolari di diritti ai quali spettano i compensi di cui agli articoli 18-bis, 46-bis, 73, 73-bis, 80 e 84 della LDA. Nell’art. 8 dello schema di regolamento allegato A alla delibera 44/23/CONS, in attuazione del suddetto art. 180-ter LDA, AGCom propone una disciplina dei criteri di misurazione di tale rappresentatività.

Inoltre, AGCom è tenuta a svolgere analogo compito ai fini dell’applicazione dell’art. 16-ter LDA, introdotto dal d.lgs. 181/2021 di attuazione della direttiva (UE) 2019/789[15], con riferimento alla rappresentanza degli apolidi, e cioè con riguardo ai soggetti che non hanno conferito ad una collecting il mandato per la gestione dei propri diritti relativi alle ritrasmissioni ivi disciplinate. Ai sensi di tale articolo, nel caso di pluralità di collecting per ciascuna categoria di titolari, AGCom deve determinare le tre collecting maggiormente rappresentative che possono rappresentare gli apolidi. Infatti, il c. 5 dell’art. 16-ter LDA prevede che «quando i titolari del diritto non hanno trasferito a un organismo di gestione collettiva la gestione del diritto (…), il diritto di concedere o di rifiutare l’autorizzazione per una ritrasmissione a loro nome spetta all’organismo di gestione collettiva che gestisce i diritti della stessa categoria di titolari e, nel caso di una pluralità di organismi, spetta ai tre organismi maggiormente rappresentativi per ciascuna categoria di titolari, sulla base dei criteri di rappresentatività individuati dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni». Tali criteri non risultano essere stati ancora dettati.

  1. Conclusioni

Alla luce di quanto sopra, emerge un quadro normativo che risulta, almeno prima facie, piuttosto frammentato e che potrebbe porre dubbi interpretativi in merito all’insieme delle norme applicabili alla disciplina delle collecting.

Le modifiche all’art. 180 LDA esprimono principi già contenuti nel d.lgs. 35/2017 e, semmai, esse appaiono riprenderli in modo fin troppo sintetico e non coordinato.

Per risolvere dubbi interpretativi ed applicativi, occorre dunque avere riguardo sempre a quest’ultimo decreto legislativo che non può dirsi superato in parte qua.

É altresì evidente che l’inserimento della modifica nella legge annuale sulla concorrenza attribuisce all’espresso riferimento alla «rappresentatività» di ciascuna collecting un’importanza particolare come se fosse finalizzato a rafforzare le condizioni per un concreto sviluppo del mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore. Tuttavia, se così fosse, non si vede la ragione per cui tale sviluppo non debba essere promosso anche per l’intermediazione dei diritti d’autore non coperti dall’art. 180 LDA e per i diritti connessi.

Quanto al ruolo di AGCom, occorre valutare se, al fine di restituire al sistema una certa omogeneità, i suoi poteri in materia non possano essere estesi legislativamente a tutte le collecting, siano esse OGC o EGI[16], nonché a tutti i diritti oggetto di intermediazione (d’autore e connessi), e non essere dunque riferiti al solo 180 LDA.

Infatti, la rappresentatività dovrebbe riguardare ogni e qualsiasi ambito presieduto dalla Direttiva Barnier, estendendosi dunque a qualsiasi diritto, d’autore e connesso, oggetto di intermediazione, a qualsiasi opera o materiale protetto e a qualsiasi collecting.

Dubbi potrebbero però sorgere sull’effettiva importanza della rappresentatività delle collecting in qualsiasi situazione. Infatti, la rappresentatività dovrebbe assumere rilevanza nel caso in cui i diritti siano valorizzati secondo un approccio forfettario. Nel caso di un modello di pagamento basato sul consumo (pay-per-use), il valore economico effettivo dell’utilizzo dei diritti intermediati da una collecting potrebbe invece assumere maggiore centralità, tenendo sempre conto naturalmente anche del numero di titolari rappresentati dalla stessa collecting per ciascuna opera o materiale protetto. Peraltro, questo aspetto riveste una certa rilevanza sia per gli utilizzatori sia per le collecting e meriterà quindi ulteriori riflessioni soprattutto alla luce della recentissima sentenza della Corte di giustizia del 21 marzo 2024 (causa C-10/22).

— 

[1] L. 30 dicembre 2023, n. 214.

[2] In seguito a una domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Roma, la Corte di giustizia ha avviato un procedimento riguardante l’art. 180 LDA (causa C-10/22). La questione si estende anche all’art. 4, c. 2, l. 35/2017, che, recependo la Direttiva Barnier, mantiene tuttavia la riserva sull’attività di intermediazione dei diritti d’autore. É importante notare che, poco dopo il recepimento nazionale della Direttiva Barnier, l’art. 180 LDA è stato modificato per estendere la riserva di intermediazione, precedentemente prevista solo a favore di SIAE, anche a tutti gli altri OGC. Questa estensione, tuttavia, non ha riguardato le EGI. Con la sentenza 21 marzo 2024, la Corte di giustizia ha stabilito che una restrizione nazionale che escluda in modo assoluto qualsiasi EGI dall’attività di gestione dei diritti d’autore non è proporzionata, e pertanto è in contrasto con l’art. 56 TFUE. Ne consegue che l’art. 180 LDA, in parte qua, non è conforme al diritto dell’Unione europea.

[3] Non rientra nelle previsioni di cui all’art. 180 LDA neppure la riscossione del compenso ex art. 46-bis LDA. V. a riguardo, Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia di impresa, 3 dicembre 2020, n. 57224/2018.

[4] Per la definizione degli Organismi di Gestione Collettiva e delle Entità di Gestione Collettiva, v. rispettivamente art. 2, c. 1 e c. 2, del d.lgs. 35/2017. Sebbene sia vero che alle EGI non si applicano tutti gli obblighi previsti dalla Direttiva Barnier per gli OGC, si ritiene tuttavia, alla luce della sentenza della Corte di giustizia, che l’applicazione di “obblighi normativi specifici” anche alle EGI sia ragionevole in un’ottica di piena apertura del mercato nazionale della gestione collettiva dei diritti (v. cit. sent. Corte di giustizia, C-10/22, § 97).

[5] La sentenza della Corte di giustizia relativa all’art. 180, c. 1, LDA, è successiva alla l. 214/2023. Pertanto, sarà necessario comprendere come tale sentenza impatterà anche sugli altri commi dell’art. 180 LDA nelle parti in cui si riferiscono ai soli OGC. In particolare, occorrerà comprendere se tra gli obblighi specifici che potrebbero essere estesi alle EGI quali “misure meno lesive” per aprire a queste ultime l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore in Italia, vi possano essere, ad esempio, quelli di cui all’art. 22, c. 4, della Direttiva Barnier relativi alla valorizzazione economica, ragionevole e proporzionata, dei diritti intermediati ribadita dalla stessa l. 214/2023. V. anche nota supra 2 e note infra 7 e 8.

[6] Direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno.

[7] Si noti che il termine “collecting” impiegato in questo contributo è volutamente ampio. Infatti, come emerge dallo stesso contributo, non tutte le norme della Direttiva Barnier espressamente riferite agli Organismi di Gestione Collettiva (OGC) si estendono alle Entità di Gestione Indipendenti (sul tema del trattamento differenziato delle EGI e degli OGC, v. anche i §§ 86-95 della sentenza della Corte di giustizia nella causa C-10/22). Tuttavia, il d.lgs. 35/2017 talora estende alle EGI norme che la Direttiva limita agli OGC (vedi ad esempio le norme del d. lgs. relative alla revoca del mandato di cui all’art. 4, c. 6, quelle relative agli “obblighi degli utilizzatori” di cui all’art. 23, nonché le norme di cui al Capo IV ed in specie quelle in materia di reclami e di risoluzione delle controversie). Talatra, lo stesso d.lgs. 35/2017 si riferisce solo gli OGC e, nello stesso articolo, aggiunge il riferimento alle EGI (v. art. 4, c. 3 e art. 20). Infatti, questo contributo intende porre anche la questione se principi fondamentali, quali quella della ragionevolezza e della proporzionalità dei compensi, nonché quello della rappresentatività, debbano invero essere estesi a qualsiasi collecting, e cioè sia agli OGC sia alle EGI soprattutto dopo la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-10/22 (v. note supra 4 e 5).

[8] Occorre notare che, conformemente alla Direttiva Barnier, il c. 4 dell’art. 22 del d.lgs. 35/2017, non sembra espressamente riferito anche alle EGI, giusta il disposto dell’art. 3, c. 2 che prevede che le EGI sono soggette alle disposizioni di cui all’art. 22, c. 1 e non anche a quelle di cui ai restanti commi. V. però a questo riguardo le note supra 4 e 5.

[9] Questo articolo si estende anche alle EGI.

[10]Peraltro, come indicato supra alla nota 7, mentre l’art. 17 della Direttiva Barnier sembra riferirsi solo agli OGC, l’art. 23 del d.lgs. 35/2017 si estende espressamente anche alle EGI.

[11] Il d.lgs. 35/2017 attribuisce ad AGCom competenze con riguardo agli Organismi di Gestione Collettiva (diversi da SIAE) e alle Entità di Gestione Indipendenti, tra cui quelle di accertamento del possesso dei requisiti, di pubblicazione sul suo sito dell’elenco delle imprese che hanno comunicato l’inizio delle attività e che risultano in possesso dei requisiti nonché dei soggetti che non risultano essere più in possesso dei requisiti. Inoltre, AGCom ha compiti di vigilanza e, in caso di accertata violazione degli obblighi di cui al d.lgs. 35/2017, applica sanzioni amministrative pecuniarie.

[12] Dopo la sentenza della Corte di giustizia del 24 marzo 2024, nella causa C-10/22, LEA c. Jamendo, la determinazione della rappresentatività dovrebbe essere estesa anche alle EGI. V. supra nota 1.

[13] Nell’ambito dei suoi poteri di vigilanza ai sensi del d.lgs. 35/2017, AGCom ha affermato che anche nel caso di compenso su base pay-per-use «[L]la compresenza di artisti tutelati da diverse collecting richiede necessariamente di misurare quanto ciascuna di esse è “rappresentativa” all’interno di un’opera» (delibera 220/23/CONS, 25). Tuttavia, ci si chiede se, in un contesto simile, il tema principale non sia la rappresentatività della collecting, considerando l’assenza di una tariffa unica da applicare alle singole opere o ai materiali protetti. Si direbbe piuttosto che qui il tema sia di carattere più generale, ossia quello della determinazione di un compenso ragionevole anche alla luce, per ciascuna singola opera o materiale protetto, del numero di titolari di diritti rappresentati dalla collecting.

[14] Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE.

[15] Direttiva (UE) 2019/789 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 che stabilisce norme relative all’esercizio del diritto d’autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici e che modifica la direttiva 93/83/CEE del Consiglio.

[16] Peraltro, già prima della sentenza della Corte di giustizia nella causa C-10/22 relativa al settore dei diritti d’autore, potrebbero esserci EGI nel settore dei diritti connessi.

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