Telefonate “mute”: il Garante lancia una consultazione pubblica

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Introduzione

Il Garante per la protezione dei dati personali (di seguito il “Garante”) con provvedimento n. 482 del 30 ottobre 2013 (pubblicato in G.U. il 22 novembre 2013) ha avviato una consultazione pubblica sullo schema di “Provvedimento generale in materia di “chiamate mute”” (lo “Schema di Provvedimento”).

Il termine per l’invio di osservazioni/proposte sullo Schema di Provvedimento è il 21 gennaio 2014.  Alla consultazione pubblica possono partecipare “tutti i soggetti interessati”, anche eventualmente per il tramite delle rispettive associazioni di categoria.  I contributi alla consultazione possono essere inviati per posta all’indirizzo del Garante (Piazza Monte Citorio 121, 00186 Roma) ovvero tramite mail all’indirizzo chiamatemute@gpdp.it, specificando nell’oggetto il tema di riferimento.

Le chiamate c.d. “mute”: nozione

Le chiamate mute costituiscono un fenomeno in crescita nell’attività di tele-selling/marketing svolta dai call center out-bound per conto delle imprese.  Il fenomeno trae origine dal fatto che sempre più spesso gli applicativi su cui si basano i sistemi centralizzati di gestione delle chiamate in uso dai call center instradano una telefonata in modalità out-bound senza che, in concreto, sia disponibile un operatore (perché impegnano in altra conversazione).  Il risultato è che il destinatario di una chiamata viene messo in attesa (nella maggior parte dei casi, appunto, “muta”) finché non si libera un operatore oppure sino a che la telefonata viene “abbattuta” o dall’utente o dal sistema.

Sulla base dell’entità delle segnalazioni pervenute, il Garante ha opportunamente evidenziato che il fenomeno in questione si caratterizza per la presenza di almeno due ordini di criticità.

La prima è connessa all’allarme sociale che le telefonate mute sono idonee a suscitare nei confronti dei destinatari.  Al di fuori del mero disturbo suscitato, si pensi alla concreta possibilità che chiamate mute reiterate verso la stessa utenza siano percepite dall’abbonato come ipotesi di stalking.

La seconda è squisitamente giuridica: poiché l’interessato è nell’impossibilità di avere un interlocutore e, spesso, il numero chiamante non è individuabile perché sconosciuto o privato, si assiste ad una preclusione delle tutele e dei rimedi previsti dalla normativa applicabile (in primis, l’impossibilità di esercitare i diritti di cui all’articolo 7 del Codice Privacy).

Le chiamate mute: background

L’attenzione del Garante verso il tema delle chiamate mute trae origine da un caso deciso alla fine del 2011 (Provvedimento n. 474 del 6 dicembre 2011) a seguito di un’articolata istruttoria e avente ad oggetto il trattamento dei dati personali per finalità di tele-selling posto in essere da Enel Energia S.p.A. in qualità di titolare del trattamento attraverso l’impiego (a) di numerosi call center (tele-sellers) dislocati sul territorio nazionale e (b) della società Reitek S.p.A., società fornitrice dell’infrastruttura tecnica attraverso cui veniva effettuato l’instradamento delle chiamate ai vari operatori.

Il provvedimento in discorso è interessante sotto molteplici profili, non ultimo quello dell’individuazione dei soggetti titolari, responsabili e incaricati del trattamento: nella fattispecie in esame, infatti, è stata riscontrata una scarsa chiarezza lato privacy nei rapporti contrattuali in essere tra Enel Energia S.p.A e Reitek S.p.A., da una parte, e Reitek S.p.A. e i singoli call center dall’altra.

Per quanto qui ci interessa, il Garante ha evidenziato che il singolo tele-seller, mediante l’utilizzo della piattaforma informatica per l’instradamento delle chiamate, poteva richiedere l’inoltro di un numero di telefonate anche decisamente superiore rispetto alla propria capacità ricettiva: in sostanza, ogni singolo operatore, occupato in una conversazione, aveva sistematicamente un’ulteriore chiamata in attesa da prendere in carico, nell’ottica di massimizzare i tempi di lavoro ed evitare inattività del personale.

Questa impostazione del sistema centralizzato di instradamento delle telefonate determinava l’accensione di chiamate mute verso i destinatari, poi “abbattute” dall’utente chiamato o dal sistema stesso.

Il Garante ha pertanto prescritto ad Enel Energia S.p.A., in qualità di titolare del trattamento, l’adozione di idonee misure di carattere tecnico affinché il sistema centralizzato di instradamento delle chiamate impedisse la reiterazione delle chiamate stesse su una stessa utenza (a seguito dell’abbattimento della chiamata stessa) per almeno 30 giorni, “ritenendo congruo tale periodo in considerazione dell’allarme, oltre che del notevole disagio, provocato nei destinatari da questo genere di telefonate […]”.

Tale provvedimento è stato impugnato da Enel Energia S.p.A. e Reitek S.p.A. dinanzi al Tribunale di Roma, che con recente sentenza (26 settembre 2013, n. 18977) ha confermato in pieno le argomentazioni e le prescrizioni del Garante, condannando peraltro le predette società alla rifusione delle spese processuali.

A seguito dell’avallo dell’autorità giudiziaria, il Garante ha adottato lo Schema di Provvedimento, forte anche della pubblicazione da parte di autorità straniere di rilevanti provvedimenti sul tema (ci si riferisce, in particolare, allo Statement “Tackling Abandoned and Silent Calls” pubblicato dall’Ofcom nel Regno Unito il 1° ottobre 2010 e al “Report and Order in the Matter of Rules and Regulations Implementing the Telephone Consumer Protection Act of 1991” pubblicato dalla Federal Communications Commission negli Stati Uniti il 15 febbraio 2012, reperibili ai link indicati nello Schema di Provvedimento).

I contenuti dello Schema di Provvedimento

Il Garante, nell’ottica di bilanciare l’interesse imprenditoriale delle società ad un’efficiente attività di tele-selling/marketing e quella degli interessati a che il trattamento dei propri dati avvenga “in modo lecito e secondo correttezza” (articolo 11, lettera a), Codice Privacy), ha stabilito le seguenti regole per eliminare gli effetti distorsivi delle chiamate mute:

  1. La tenuta, da parte dei call center, di una precisa traccia delle chiamate mute, che dovranno in ogni caso cessare decorsi 3 secondi dalla risposta dell’utente;
  2. Il divieto di superare il limite di 3 telefonate mute ogni 100 telefonate andate “a buon fine” per ogni singola campagna di tele-selling/marketing.

Il punto merita una precisazione.  Tecnicamente, infatti, per chiamate andate a “a buon fine” si intendono tutte quelle in cui il chiamante ha ricevuto risposta; pertanto, si ricomprendono in questa categoria anche le chiamate mute nonché quelle in cui la risposta avviene tramite dispositivi elettronici (ad esempio, telefax o segreterie telefoniche).  Il call center, pertanto, è obbligato ad implementare strumenti tecnici che consentano una classificazione di tali tipologie di telefonate.

Inoltre, onde evitare facili aggiramenti del predetto divieto, si è fatto riferimento alla singola campagna di tele-selling/marketing.  La locuzione avrebbe forse meritato una delimitazione più netta; in ogni caso, è previsto che la misurazione debba comunque essere rinnovata decorso un periodo di 10 giorni dall’inizio della campagna commerciale.

  1. Il divieto di porre l’utente in attesa silenziosa e, come corollario, l’obbligo di adottare meccanismi che consentano la riproduzione di rumori ambientali di fondo (c.d. “comfort noise”);
  2. Il divieto di contattare l’utente disturbato da una chiamata muta per i successivi 7 giorni e la garanzia dell’intervento dell’operatore nel successivo contatto;
  3. Il mantenimento, per almeno 2 anni, dei report statistici inerenti le chiamate mute effettuate per ciascuna campagna di tele-selling/marketing, al fine di consentire al Garante la verifica del rispetto delle regole previste nello Schema di Provvedimento.

 

Considerazioni conclusive

E’ importante sottolineare che le sanzioni connesse al mancato rispetto delle prescrizioni indicate nei precedenti numeri da 1. a 5. (dall’inutilizzabilità dei dati al risarcimento degli eventuali danni sofferti) non gravano solo sui call center.  Questi, infatti, agiscono solitamente quali responsabili esterni del trattamento sulla base di contratti di outsourcing stipulati con le imprese beneficiarie delle campagne commerciali e titolari del trattamento dei dati raccolti.

I titolari, dunque, sono responsabili secondo i principi generali (articolo 15 del Codice Privacy e articolo 2050 del codice civile, rubricato “Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose”) per i danni generati dalle chiamate mute se non provano di “avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.

 

A tale riguardo, è pertanto opportuno che i titolari inseriscano nell’atto di nomina dei call center a responsabili esterni del trattamento un riferimento specifico al rispetto delle prescrizioni contenute nello Schema di Provvedimento e si riservino la facoltà di operare controlli anche stringenti sul rispetto di tali regole.  In tal modo, avranno diritto di rivalsa sui responsabili per gli eventuali danni risarciti.

Deve infine menzionarsi che il mancato rispetto delle prescrizioni dello Schema di Provvedimento presenta un alto rischio di:

  1. produzione di (ingenti) danni non patrimoniali nei confronti dei destinatari, che per espressa previsione di legge (articolo 15, comma 2 del Codice Privacy) sono risarcibili nel caso in cui il trattamento non avvenga in modo lecito e secondo correttezza, ipotesi senz’altro ricorrente nel caso di chiamate mute illegittime;
  2. integrazione del delitto di trattamento illecito di dati personali (articolo 167 del Codice Privacy), punito con la reclusione da 6 a 18 mesi o, in caso di comunicazione o diffusione dei dati, da 6 a 24 mesi: la campagna di tele-selling/marketing è infatti preordinata a ingenerare profitto e vi sono alte probabilità che la stessa produca nocumento nei confronti dei destinatari.
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