RAI, basta con i bizantinismi, si punti sulla qualità

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Non appena la politica registra scossoni o rimescolamenti di carte, in automatico la Rai vive fibrillazioni che molto poco hanno a che fare con il concetto di servizio pubblico.

Nomine al Tg1 e al Tgr, approvazione del piano fiction, battaglia sui finanziamenti per le nuove produzioni, ma sullo sfondo rimane il nodo decisivo per la qualità del servizio pubblico: la governance della Rai.

Esiste una strada virtuosa per garantire che l’influenza della politica non equivalga ad un’ingessatura paralizzante per un’azienda come la Rai?

Perché i bizantinismi imbrigliano da oltre trent’anni la vita della tv di Stato impedendo che ad emergere siano le energie migliori, le idee piu’ innovative, i soggetti piu’ meritevoli, sia in ambito di governance che giornalistico?

Le ultime battaglie che si stanno consumando in viale mazzini sono lo specchio delle divisioni e delle incertezze della politica, appesa al filo di ricatti, anche trasversali, e dell’incapacità di mettere al riparo la gestione dei canali Rai dalla precarietà dei giochi di potere.

La governance della Rai è regolata dalla legge Gasparri del 2004, poi inglobata nel Testo unico della radiotelevisione del 2005, infine diventato Testo unico dei servizi di media audiovisivi, a seguito dell’emanazione del decreto Romani (d.lgs. 15 marzo 2010, n.44), attuativo della nuova direttiva europea Servizi di media audiovisivi (n.65 del 2007).

Gli indirizzi li detta la commissione parlamentare bicamerale di vigilanza sulla tv pubblica. Il cda è di emanazione politica, sulla base di una ferrea applicazione del “Manuale Cencelli”, non sempre garanzia di competenza e meritocrazia. Il direttore generale viene scelto dai partiti e ne diviene ostaggio.

Ma cosa succede, in ambito governance tv pubblica, in altri Stati?

In Gran Bretagna, la Bbc è la piu’ grande azienda radiotelevisiva del mondo e funziona sulla base di una chiara indipendenza dalla politica. L’organo esecutivo dell’emittente, l’executory board, non è di nomina governativa ed esiste un’indipendenza economica che è funzionale all’emancipazione dal potere politico. Infatti, l’emittente non riceve soldi dallo Stato e si sostiene solo con il canone.

E’ proprio un’utopia immaginare che in Italia si possa seriamente affrontare il tema della governance Rai a prescindere dalle appartenenze politiche e con un focus esclusivo sulla qualità del prodotto da offrire, sull’innovazione dei servizi da proporre e sull’ottimizzazione delle risorse economiche e umane?

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