Google’s universal digital library dream is shattered

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Fatto

Nel 2004 Google ha sottoscritto una serie di accordi con alcune biblioteche per la digitalizzazione dei libri presenti nelle loro collezioni. Da allora Google ha scannerizzato più di 12 milioni di testi, fornendone copia digitale alle biblioteche medesime, ha creato un database di libri digitali, e ha messo a disposizione del pubblico i testi così digitalizzati, di modo che il motore di ricerca potesse accedere alla c.d. “libreria virtuale” e mostrare gli estratti, i frammenti dei libri presenti nella collezione.

Si ricorda che la lite nacque nel 2005 a motivo dei milioni di testi digitalizzati da Google senza l’autorizzazione degli aventi diritto. Con un’Azione di Classe notificata al giudice distrettuale di New York, alcuni autori ed editori denunciarono la violazione dei loro diritti e ne chiesero la liquidazione dei danni.

A seguito di numerose discussioni, nel 2008, le parti della causa trovarono un accordo su un testo di Atto Transattivo e lo sottoposero al giudice per l’omologazione. Come voluto dalla procedura dell’Azione di Classe, nel caso di approvazione giudiziale, le parti in seguito non possono più sollevare questioni relative alla situazione regolata dall’accordo, secondo il principio no bis in idem.

Il 17 novembre 2008, l’atto fù preliminarmente approvato dal giudice Sprizzo, e la decisione sollevò un vespaio di critiche e osservazioni che indussero a modifiche parziali. .

L’Atto Transattivo, sottoposto il 19 novembre 2009 alla Corte Distrettuale di New York per il giudizio finale, è un testo complesso di ben 166 pagine, senza i 13 allegati, in base al quale Google è autorizzato a (1) continuare a digitalizzare libri; (2) vendere gli abbonamenti al database dei libri digitalizzati; (3) vendere l’accesso ai libri individuali; (4) vendere pubblicità nelle pagine digitalizzate dei libri; (5) usare i libri negli altri modi previsti dall’atto. A fronte dei diritti d’uso ceduti a Google, in via non esclusiva, Google pagherà agli aventi diritto il 63% dei ricavi derivanti dalle attività stabilite nell’atto, secondo un Piano di Allocazione da definire. L’atto inoltre affida la propria gestione a un’autorità a ciò deputata, il Registro, e istituisce il Fondo Fiduciario per la gestione delle opere non rivendicate.

Decisione

Il giudice Denny Chin, investito della richiesta di omologazione, ha concluso il giudizio il 22 marzo 2011 con il rigetto dell’Atto Transattivo per i seguenti motivi di merito. Si osserva che, in base alla normativa americana, in casi di questo genere il giudice analizza e verificare se l’accordo è  “giusto, adeguato, ragionevole e coerente”, le sole condizioni richieste per l’omologazione. Altri tipi di valutazioni sono estranee al suo giudizio, cosicché il giudice non potrà accertare, né d’ufficio né a seguito di richiesta, se l’accordo violi la legge.

Dell’Azione di Classe

L’atto si divide in due parti: la prima si propone di sanare le violazioni alle quali Google ha dato origine non avendo chiesto agli aventi diritto le autorizzazioni necessarie alla scannerizzazione e uso digitale dei libri; la seconda applicabile al futuro, una sorta di licenza per le attività a venire di quel tipo .

Riguardo all’applicabilità dell’Atto Transattivo alle situazioni future, il giudice ha concluso che, sotto questo aspetto,  l’Atto ecceda il contenuto degli accordi ammessi dalla normativa sull’azione di classe negli Stati Uniti. Pertanto, ha ritenuto che, con particolare riguardo agli aspetti relativi alla gestione dei libri non reclamati e alle opere orfane, si necessita un intervento normativo del Congresso, la cui attività non può essere sostituita da decisioni di tipo giudiziale. Spetta quindi esclusivamente al Congresso definire ed eventualmente limitare la portata del monopolio dell’autore e dell’inventore di autorizzare l’accesso alla propria opera. Riportandosi a precedenti giudizi, Chin ha ribadito con questa decisione che le modifiche necessarie ad adattare la normativa esistente in materia di diritti d’autore ai progressi tecnologici sono di competenza esclusiva del Congresso.

Inoltre, il giudice ha osservato che l’Atto Transattivo autorizza Google a usare i testi digitalizzati in così tanti modi e nuovi che non permette di valutare oggi gli effetti che si produrranno sulle situazioni giuridiche degli aventi diritto. Ne ha tratto quindi che, proprio alla luce della disciplina dell’azione di classe, che vuole che l’accordo raggiunto tra le parti dirima una volta per tutte ogni tipo di lite, l’eventuale sua omologazione avrebbe un effetto grave anche nei confronti degli autori delle opere orfane e degli aventi diritto delle opere non reclamate, i quali non potrebbero reclamare più nulla. La conseguenza diretta sarebbe quella di riconoscere a Google un monopolio assoluto.

Per questi motivi il giudice Chin ha concluso che la rappresentanza legale dell’Azione di Classe non è lo strumento giuridico adeguato a far valere gli interessi degli autori universitari, degli aventi diritto stranieri, delle opere non rivendicate e di quelle orfane, per le quali Google non ha nessun interesse a rintracciare gli aventi diritti, in quanto percepirebbe, proprio grazie alla loro assenza, un guadagno. Pur riconoscendo, il giudice, che in azioni di tal tipo, vi è sempre chi sfugga alla rappresentanza legale, nel caso Google l’impatto è più grave perché si è nel campo della cessione e/o rinuncia di diritti sovrani che verrebbero assegnati a Google a motivo della contumacia, e a valere come se concessi con licenza d’uso futuro di opere tutelate.

Del diritto d’autore

Al di là del fatto che la Costituzione degli Stati Uniti contiene una riserva di legge in materia di diritti d’autore, l’Atto Transattivo ha sollevato dubbi di legittimità a motivo del sistema di opt-out, che attribuisce a Google il potere di espropriare le prerogative proprio degli aventi diritto che non vi hanno aderito. A seguito di un’attenta disanima dei precedenti giurisprudenziali e della normativa sul diritto esclusivo dell’avente diritto a concedere l’autorizzazione all’uso delle opere, il giudice Denny Chin ha concluso che il diritto fondamentale dell’autore si esprime anche con la potestà, indiscussa, di escludere altri dall’uso della propria proprietà senza bisogno di esternare il rifiuto. Il giudice ha rilevato che, contrariamente alla normativa statunitense, il meccanismo dell’atto transattivo fà si che, in mancanza di rifiuto espresso, il titolare del diritto d’autore perda le proprie prerogative. In tal modo, gli aventi diritto che non hanno preso parte all’Azione di Classe e non hanno scelto per l’opt-out presuntivamente cedono a Google i propri diritti d’uso sulle loro opere. Riguardo poi all’opportunità di opt-out data ai dissidenti, il giudice ha osservato che è contrario allo spirito della normativa sul diritto d’autore ritenere che gravi sugli aventi diritto l’onere di difendere le proprie prerogative laddove Google ne ha già violato i diritti, digitalizzandone le opere senza chiederne l’autorizzazione. Del resto, come osservato da  Denny Chin, vi sono troppi autori che, banalmente, non hanno saputo nulla dell’attività di Google.

Del diritto della concorrenza

Il dipartimento degli Stati Uniti, Amazon e Microsoft hanno sollevato numerose critiche riguardo alle violazioni al diritto di libera concorrenza a cui l’Atto Transattivo darebbe origine in virtù del presunto monopolio de facto sulle opere non autorizzate. In verità il giudice concorda che solo Google si troverebbe nella posizione di poter usare di libri digitali senza l’acquisizione preventiva dell’autorizzazione degli aventi diritto. Insomma, nel caso dell’approvazione da parte della Corte Distrettuale di New York, Google risulterebbe detentrice di un diritto che nessun altra società avrebbe al mondo, quello di digitalizzare opere impunemente e per quasi 150 anni, senza dover più incorrere in rischi di responsabilità per violazione di legge. Insomma, l’Atto Transattivo garantirebbe Google con una serie di prerogative che impedirebbero ai suoi concorrenti di entrare nel mercato delle opere digitalizzate, ed in particolare di quelle orfane, e gli attribuirebbe indubbi vantaggi di natura monopolistica.

Del diritto di data privacy

Numerose sono le critiche mosse riguardo ai dati che Google acquisirebbe sui gusti, le attività, i tempi di lettura etc. degli utenti, del di cui trattamento l’Atto Transattivo non contiene alcuna disposizione. Queste critiche sono state dal giudice ritenute fondate e meritevoli di essere dipanate con sostanziali modifiche al testo, di modo che lo stesso si conformi alla normativa esistente in materia di protezione dei dati personali.

Del diritto internazionale

Nella prima sua versione, l’Atto Transattivo era applicabile a tutti i libri pubblicati dopo il 1989 in tutti i Paesi che hanno ratificato della Convenzione di Berna. Gli Stati Uniti hanno ratificato la Convenzione nel 1988 che, entrata in vigore nel 1989, si applica a tutti i libri stranieri, a prescindere dalla loro formale registrazione. Benché la modifica dell’Atto Transattivo del 2009, ne rende le disposizioni applicabili ai soli libri registrati a Washington D.C, o pubblicati in Canada, Regno Unito, Australia prima del 5 gennaio 2009, il giudice ha eccepito che molti sono i libri stranieri che  ricoprono quelle caratteristiche. Quest’aspetto è stato particolarmente rivendicato da VG Wort, la collecting society tedesca, che ha evidenziato come, anche a seguito  della modifica, l’Atto Transattivo si applichi a un gran numero di libri provenienti dai Paesi firmatari della Convenzione di Berna, di cui la società ha denunciato la violazione.

Pur non essendo compito del giudice accertare le violazioni alla Convenzione, Chin ha voluto tenere in conto il gran numero di contestazioni ricevute dalle associazioni straniere anche riguardo alla difficoltà da esse incontrata nel determinare se l’Atto Transattivo fosse o meno d’applicazione ai propri associati.

Conclusioni

Tutto quanto sopra considerato ha portato il giudice Denny Chin a rigettare l’omologazione dell’Atto Transattivo perché ritenuto né giusto, né adeguato, né ragionevole.

Nella decisione di rigetto, il giudice ha tenuto a precisare che, nell’ambito della stessa procedura, l’Atto Transattivo, se modificato e rinegoziato tra le parti, potrà essere oggetto di una nuova richiesta di approvazione.

Il presente contributo è stato già pubblicato su sindacatoscrittori.net

Per maggiori informazioni sulla vicenda, rimando a due miei recenti contributi: un articolo, Google book search choices, Journal of Intellectual Property Law & Practice (2011) 6(4): 262-273 (qua per l’abstract) e una nota alla sentenza,  “Google book search choices”, Journal of Intellectual Property Law & Practice (2011) (qua per l”abstract).

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