Diritto d’autore online: il provider può essere obbligato ad impedire ai suoi clienti l’accesso a un sito internet che viola il diritto d’autore

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Sono state presentate nella giornata di ieri le conclusioni dell’Avvocato Generale Pedro Cruz Villalón (“AG”) che, con riferimento all’interpretazione delle disposizioni della Direttiva 2001/29/CE (“Direttiva InfoSoc”) concernenti, in particolare, la possibilità per uno Stato membro di adottare un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d’autore o diritti connessi (Articolo 8, paragrafo 3, Direttiva InfoSoc), ha precisato che un internet service provider può essere obbligato ad impedire ai suoi clienti l’accesso a un sito internet che viola il diritto d’autore.

 

I fatti

La vicenda vede contrapporsi da un lato il fornitore d’accesso austriaco UPC Telekabel Wien GmbH (“UPC”) e dall’altro, le società Constantin Film Verleih GmbH e Wega Filmproduktionsgesellschaft GmbH  titolari di diritti di proprietà intellettuale su oltre 130.000 opere cinematografiche poste a disposizione, senza la loro autorizzazione, sul sito kino.it. Queste ultime adivano i giudici nazionali chiedendo l’adozione di un provvedimento cautelare volto ad impedire alla UPC di fornire ai propri clienti l’accesso al sito kino.it dal quale era possibile scaricare o vedere in streaming film di titolarità della Constantin e della Wega.

Nonostante la mancanza di un rapporto contrattuale tra la UPC e l’autore dell’atto illecito, ovverossia il gestore del sito kino.it che offriva tali contenuti illeciti, il giudice d’appello austriaco ha vietato la fornitura dell’accesso al sito senza tuttavia menzionare le concrete misure che il provider avrebbe dovuto adottare.

Le questioni pregiudiziali

Investito della questione, l’Oberster Gerichtshof ha chiesto alla Corte di Giustizia:

(i)                 se il provider che si limita a fornire ai propri utenti l’accesso ad un sito che mette a disposizione contenuti illeciti, debba essere considerato “intermediario” ai sensi dell’art. 8, paragrafo 3 della Direttiva InfoSoc con la conseguenza che, ove i suoi servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d’autore, possa essere assoggettato ad un provvedimento inibitorio;

(ii)               se sia compatibile con il diritto dell’Unione, in particolare con la necessità di operare un bilanciamento fra i diritti fondamentali delle parti coinvolte, vietare a un fornitore di accesso a internet in modo totalmente generale (dunque senza la prescrizione di misure concrete) di consentire ai suoi clienti l’accesso a un determinato sito internet fintanto che ivi siano, esclusivamente o prevalentemente, resi accessibili contenuti senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti, qualora il fornitore di accesso a internet possa evitare sanzioni per la violazione di tale divieto dimostrando di avere comunque adottato tutte le misure ragionevoli;

(iii)             se, in caso di risposta negativa alla precedente questione, sia compatibile con il diritto dell’Unione, ed in particolare con la necessità di bilanciamento dei diritti fondamentali delle parti coinvolte, prescrivere ad un provider determinate misure volte a ostacolare i suoi clienti nell’accesso a un sito internet nel quale siano resi disponibili contenuti in modo illecito, qualora tali misure comportino un impiego di mezzi non trascurabile e, tuttavia, possano essere facilmente aggirate anche senza particolari conoscenze tecniche.

L’opinion dell’AG

Relativamente alla prima questione, l’AG ritiene che il provider che fornisce all’utente l’accesso ad internet debba essere considerato come un “intermediario” i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare il diritto d’autore.  Ciò sulla base delle seguenti considerazioni: (a) secondo il tenore dell’articolo 8, paragrafo 3, della Direttiva InfoSoc “anche i servizi del fornitore di accesso dell’utente sono utilizzati dall’autore della violazione per violare il diritto d’autore, a prescindere dal fatto che lo stesso autore della violazione si trovi in un rapporto contrattuale con il fornitore di accesso”; (b) alla luce del contesto giuridico nel quale si inserisce l’articolo 8, paragrafo 3, della Direttiva InfoSoc, ed in particolare alla luce della Direttiva sul commercio elettronico (2000/31/CE) riguardo la responsabilità degli intermediari, tale norma non può che essere interpretata nel senso di includere i provider come “possibili destinatari di un provvedimento anche nel caso in cui essi siano fornitori di accesso non dell’autore della violazione ma del soggetto che accede al sito Internet lesivo del diritto d’autore”; (c) infine è la ratio stessa della Direttiva InfoSoc che, nel voler assicurare un elevato livello di protezione del diritto d’autore, fa propendere per una siffatta interpretazione della norma.

Sulla seconda questione l’AG chiarisce che non è compatibile con il necessario bilanciamento dei diritti fondamentali degli interessati vietare ad un provider, in modo totalmente generale e senza prescrizione di misure concrete, di consentire ai suoi clienti l’accesso ad un determinato sito Internet che viola il diritto d’autore. In particolare, secondo l’Avvocato Generale il generale divieto imposto al provider senza la relativa descrizione delle misure da adottare non realizza il giusto equilibrio tra la tutela della proprietà intellettuale da un lato e la tutela della libertà d’impresa, di espressione e di informazione dall’altro, libertà che sono garantite dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Con la terza questione, l’AG si esprime sulla prescrizione di concrete misure di blocco dichiarando che una misura di blocco relativa ad uno specifico sito Internet, imposta nei confronti di un provider non è, in linea di principio, sproporzionata per il solo fatto che comporti un impiego di mezzi non trascurabile e, che, la stessa possa essere facilmente aggirata senza particolari conoscenze tecniche. Secondo l’Avvocato Generale la possibilità che – da una parte – gli utenti di Internet –possono aggirare senza particolari problemi una misura di blocco e che – dall’altra – i gestori del sito Internet che offre contenuti illeciti possano riproporre la pagina in forma identica sotto un altro indirizzo IP e un altro nome a dominio, non comporta che, di fatto, la concreta misura di blocco sia inidonea. In primo luogo, non è certo che tutti gli utenti aggireranno in concreto il divieto così come, in secondo luogo, non è detto che un diverso indirizzo IP e un diverso nome a dominio siano misure concretamente inidonee: difatti quello che potrebbe accadere, secondo l’AG, è che gli utenti, informati, tramite la misura di blocco, dell’illiceità dei contenuti, possano rinunciare a visitare la pagina. “Conseguentemente, gli utenti devono servirsi di motori di ricerca per trovare la pagina. A seguito di reiterate misure di blocco anche una ricerca attraverso tali motori risulterà più difficile”.

Attendiamo ora la sentenza della Corte di Giustizia precisando che, sebbene le conclusioni dell’Avvocato Generale non abbiano natura vincolante ai fini del giudizio della Corte, in molti casi sono seguite quasi pedissequamente dalla Corte.

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