Un dizionario hacker di Arturo Di Corinto

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Alzi la mano chi, imbattendosi in un articolo che parlava di tecnologie o diritti digitali, non sia interrogato sul significato di una sigla, di un movimento o di un fenomeno. Quanti di voi saprebbero definire il crowdsourcing o spiegare come sia nata, e per quali finalità, Anonymous?

A questi e a molti altri interrogativi risponde il “Dizionario hacker”, l’ultimo libro di Arturo Di Corinto, giornalista, docente, ricercatore ed esperto di internet. Un libro probabilmente unico nel suo genere, che si propone di chiarire temi spesso di difficile comprensione per il pubblico.

Sarebbe però un errore incasellare l’opera nell’ambito della divulgazione, per almeno due ragioni.

La prima è che il volume di Di Corinto si presta a letture molteplici e presenta livelli diversi di fruibilità. È, infatti, un libro scritto in maniera chiara e non scoraggia i non addetti ai lavori. Ma, al tempo stesso, è un libro completo, ricchissimo di informazioni, che rappresenta una lettura imprescindibile anche per i più esperti.

La seconda ragione è che l’autore, con una precisa scelta di metodo, scrive non “il” dizionario hacker, ma “un” dizionario hacker. Un dizionario, quindi, non neutrale, nel quale Di Corinto si schiera espressamente a favore o contro, evitando – sin dalla scelta di licenziare l’opera in creative commons – un’operazione editoriale neutrale. Di Corinto spiega, ma al tempo stesso prende posizione: evidenzia le storture del copyright tradizionale, analizza i vantaggi del software libero, spiega i perché di Wikileaks. Per ogni voce c’è una storia, una spiegazione, ma anche una lettura, personale e ragionata, dell’autore.

Un ulteriore filo rosso accompagna il dizionario. È forse meno visibile, ma non meno importante. Il libro di Di Corinto è un tentativo di rimarcare le opportunità che le nuove tecnologie assegnano ai cittadini, emancipati dal ruolo di sudditi, ignari dei meccanismi del potere. Si legga, ad esempio, questo passo della prefazione “La pubblicistica e la retorica politica si sono impadronite dell’aggettivo “open” per piegarlo sovente a interpretazioni di comodo senza rispetto per le sue origini e il suo senso profondo, che è quello di garantire la cooperazione tra gli esseri umani, incentivandone creatività, cultura e conoscenza”. Ma si vedano anche le tante pagine in cui si illustrano i vantaggi della condivisione delle conoscenze, spiegando che i “pirati”, nel nuovo mondo, assomigliano molto a novelli Robin Hood.

“Pirati” con un’etica – per riecheggiare il noto saggio di Pekka Himanen – portatori di una cultura nuova, incomprensibile a chi continua a leggere il futuro con gli strumenti del passato. Il dizionario, in definitiva, è un catalogo, un lemmario, ma anche e soprattutto il vademecum di una battaglia culturale o, per essere meno enfatici, un modo diverso – secondo taluni blasfemo – di guardare i nuovi totalitarismi della Rete indotti dai tradizionali modelli proprietari. Un libro ben strutturato, forte dell’esperienza del suo autore: verrebbe da definirlo, richiamando Pasolini, un empirismo eretico di internet.

Comunque la pensiate, un libro che merita di essere letto.

Arturo Di Corinto, Un dizionario hacker, Manni editore, 2014 – Pagine: 216 – ISBN: 9788862665162 – Prezzo: 14,00

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