Sul sequestro di pagine web: Vladimiro ed Estragone attendono ancora.

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Pare proprio che su certi argomenti la Corte non si voglia esprimere. E per l’ennesima volta, dunque, lo speranzoso interprete conclude delusissimo la lettura della sentenza.

Da tempo si dibatte: le pagine di un sito internet godono della tutela che l’art. 21 della Costituzione garantisce in tema di sequestri alla stampa oppure no?

Con sentenza n. 46504 depositata il 14 dicembre 2011, la V sezione penale della Cassazione ha per la seconda volta nel giro di pochi mesi evitato di rispondere.

È noto: prima di una sentenza di condanna passata in giudicato, l’intera tiratura di uno stampato (periodico o meno, quindi giornali, ma anche volantini) può essere sequestrata solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria, nei procedimenti per delitti in relazione ai quali una legge espressamente lo autorizzi. Simili condizioni nell’ordinamento si verificano soltanto in tre casi: stampa oscena, apologia di fascismo e le più gravi violazioni del diritto d’autore.

L’oscuramento di un sito ben può essere equiparato a un sequestro: pur senza prevedere la materiale apprensione della “cosa”, infatti, esclude dal circuito una manifestazione del pensiero.

La giurisprudenza più attenta e i commentatori meglio attrezzati si sono posti il problema. Difficile d’altra parte non porselo: nel 1948 la stampa era il mezzo di comunicazione del pensiero per eccellenza, il più diffuso e quello cui si poteva più facilmente avere accesso con costi contenuti. Di qui le ragioni di una garanzia così estesa nei confronti di un intervento che escludesse un messaggio prima che un giudice avesse accertato la sussistenza di un reato. Ma se nel secondo dopoguerra era appunto la stampa il media più popolare (insieme alla radio), oggi la rete sta progressivamente divenendo lo strumento principe per l’esercizio della libera manifestazione del pensiero.

Ciò detto, fermo restando che stampa e telematica non sono la stessa cosa (come ormai la giurisprudenza ha recepito), pur avendo non pochi punti di convergenza, si tratta di capire se possa essere estesa in via analogica alla seconda la particolare tutela per il sequestro prevista per la prima. Nella compresenza di elementi che propendono per l’una e per l’altra soluzione, entrambe sono accettabili. A patto, però, di non ignorare del tutto le peculiarità della materia.

Non ci si può accontentare di affermazioni così generiche come quelle usate dalla Cassazione (che dovrebbe avere tra i suoi compiti la nomofilachia, cioè dovrebbe indicare come va interpretata la disposizione di legge) nella sentenza appena depositata. La Corte, nel confermare il provvedimento di sequestro preventivo del sito ove comparivano affermazioni offensive, dribbla la obiezione circa un «conflitto di tutele fra il diritto alla libertà di manifestazione  del pensiero […] e le norme che consentono il sequestro preventivo degli strumenti che costituiscono il veicolo tramite il quale il pensiero viene manifestato», che il ricorrente pare si sia limitato ad «adombrare». La povertà dell’argomento mette malinconia: secondo i Supremi Giudici la manifestazione del pensiero non può essere garantita per consumare reati, come ad esempio quello di diffamazione.

Con ciò, sembra essere del tutto sconosciuto il tenore dell’art. 21 comma 3 Cost. che, appunto, consente la sequestrabilità degli stampati solo alle strettissime condizioni già ricordate. In altri termini, anche nel caso in cui sia densissimo il fumus circa del delitto di diffamazione, poiché quest’ultimo non è tra quelli per cui una legge sulla stampa autorizza espressamente il sequestro, la cautela reale non potrà essere disposta prima della condanna definitiva.

Il tema, lo si ripete da tempo e su più di una testata nella speranza di non essere soli a vociare nel deserto, è dunque quello dell’applicabilità o meno di tale disciplina, eccezionale e dunque, come ovvio, derogatoria rispetto a quella ordinaria.

Non la vogliamo applicare perché si tratta di una tutela che, se riferita all’informazione in rete, diventa eccessiva? Esistono buoni motivi: il sequestro di stampati implica, infatti, la apprensione materiale dell’intero “numero” e dunque la esclusione dal circuito anche di contenuti leciti. È poi tendenzialmente definitivo, in quanto una volta tolto dalla circolazione, anche un annullamento del provvedimento non ristabilisce la situazione precedente. Entrambe erano e sono ragioni valide per porre limiti alle ipotesi di sequestro preventivo di stampati, nell’ottica di fornire la più ampia tutela possibile alla libertà di espressione. Queste ragioni però non “valgono” per contenere in ipotesi eccezionali il sequestro di un sito internet, il cui contenuto può ben essere oscurato solo nella parte ritenuta illecita. Non solo, ma la compressione della libertà di espressione sarebbe davvero solo provvisoria; una volta venuta meno la ragione della cautela o ritenuta insussistente da un giudice superiore, il passo oscurato può senza alcuna difficoltà essere ripristinato e tornare in circolazione.

Vogliamo viceversa garantire una simile tutela anche alla manifestazione del pensiero telematica? Bene, sarebbe ragionevole farlo, però, soltanto a favore di quelle ipotesi strettamente equiparabili a quelle per tradizione garantite dalla Costituzione, cioè gli stampati veri e propri. Interpretando in chiave evolutiva il dettato della legge stampa che, all’art. 2, indica i requisiti indispensabili per gli stampati, si potrebbe circoscrivere la peculiare e assai incisiva tutela a quei soli siti che indichino per ogni contenuto giorno di immissione in rete e identità dell’autore.

Queste ultime sono solo due tra le ipotesi possibili. Noi ne preferiamo una, ma per ora saremmo già soddisfatti se il dibattito si svolgesse sui binari corretti. Nella puntata successiva discuteremo se azionare lo scambio di destra o di sinistra.

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