Rete o reti: quale futuro?

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Convegno Corecom Lombardia

LA NUOVA RIFORMA EUROPEA SUL DIGITALE

Milano, 13 maggio 2021

Rete o reti: quale futuro?

 

Intervento di Alessio Butti

Ringrazio, innanzitutto, Corecom per questa opportunità e saluto tutti i relatori e le relatrici che mi hanno preceduto.

In modo particolare saluto il presidente Lasorella e la dott.ssa Aria, che, nel suo intervento, mi ha offerto qualche spunto interessante. Non ho un testo scritto e quindi interverrò “a braccio” stimolato da ciò che ho sentito per sviluppare il tema assegnatomi.

Mi sarebbe dispiaciuto non poter intervenire a questo interessante dibattito, soprattutto perché relativamente al Testo Unico del 2005…ormai obsoleto, e più volte evocato da chi mi ha preceduto, parleremo a breve alla Camera dove ho depositato una mozione sul pluralismo nell’informazione e attendo di leggere quelle degli altri gruppi.

Della legge di delegazione europea è stato detto praticamente tutto. Noi l’abbiamo approvata poche settimane fa.

E’, di fatto, una maxi delega al Governo per intervenire su una serie di questioni indicate da specifiche direttive europee.

Ecco, io penso che il sistema paese dovrebbe prestare attenzione, recependo questa nuova regolazione europea, allo sviluppo delle piattaforme digitali. Indubbiamente le piattaforme digitali sono indispensabili per la trasformazione che è in atto. Ma si prestano a qualche rischio. Vanno disciplinate, non subite.

Le piattaforme svolgono un ruolo decisivo, a fianco di “tecnologie complementari”, come Internet delle cose, la tecnologia in cloud, l’Intelligenza Artificiale determinante anche per le Smart Cities, che interessano sempre più e fortunatamente, dobbiamo dire, i Sindaci, per migliorare ed efficientare i servizi sul territorio.

Il tutto – come è stato ricordato – nell’alveo della competitività del sistema, in questo caso, del sistema italiano dell’innovazione e anche, giustamente, della sicurezza.

Però, guardate che ragionare attorno ai temi delle infrastrutture e comunque delle piattaforme digitali non è un esercizio così banale.

A me sembra che a livello parlamentare ci sia un po’ di superficialità su questo tema, tanto che ad esempio, quando abbiamo trattato la Legge di delegazione europea sia in Commissione che in Aula, la materia “digitale” è stata appena sfiorata.

io vorrei citare proprio due o tre modelli, tra i più diffusi, di piattaforme digitali, per far capire quanto nella realtà quotidiana risultino invasive e abbiano cambiato il nostro modo di concepire le cose e anche il nostro modo di approcciare, diciamo, alla legislazione per cercare di disciplinarla.

Perché se noi ragioniamo sul matchmaker digitale, dove, insomma, si mettono insieme la domanda e l’offerta…si crea del business, non possiamo non citare Amazon o Ebay.

Pensate, soprattutto negli ultimi mesi come hanno cambiato la nostra vita.

Noi, con ipocrisia, diciamo che siamo sempre tutti per il piccolo commercio, però ormai tutti quanti – quantomeno una volta nella vita – abbiamo utilizzato Amazon per comprare qualcosa a minor costo e senza fatica.

Oppure le piattaforme di servizi.

Cito anche qui quelle che sono state più divisive per mille motivi, come Uber, come Airbnb, come Netflix, oppure le piattaforme che servono per i pagamenti, le Paypal, ecco, mi fermo qui. Ma penso di aver esemplificato, seppure in sintesi, il ruolo “sociale” delle piattaforme.

Voglio far capire che non dobbiamo essere banali o superficiali nel trattare questo tema, perché ha ovviamente delle ricadute sotto il profilo economico sicuramente, ma anche sotto il profilo sociale. Le conseguenze le abbiamo toccate con mano in questi ultimi tempi.

Quindi, io mi concentro su due capitoli. Avrei voluto trattare anche la questione del “diritto d’autore”, ma vedo che c’è anche il collega Martella che sicuramente lo farà meglio di me.

Perciò mi concentro sulla Direttiva dei Servizi Audiovisivi e sulla Direttiva del Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche, che sono stati, in un certo qual modo, toccati dagli interventi che mi hanno preceduto.

Ecco, sulla questione della Direttiva dei Servizi Media Audiovisivi – e qui mi ricollego a quanto diceva la dottoressa Aria poco fa, citando il Testo Unico del 2005 che poi va a recepire la Legge n. 112 del 2004, ci sarebbe tantissimo da raccontare soprattutto in ordine alla tutela del sistema dell’informazione e delle imprese italiane. Magari anche per tutelare la cultura italiana dall’invasione straniera in corso. Da questa colonizzazione culturale che stiamo subendo.

Secondo me la 112/2004, che è stata ampiamente criticata dagli allora oppositori politici, ha visto “lungo”, ha precorso i tempi. Perché è stata la prima legge a parlare di fornitori di contenuti, di operatori di rete, di attenzione particolare per i minori, ci sono degli articoli di legge, per la prima volta, dedicati interamente ai minori. E ancora, abbiamo introdotto, per soggetti dominanti del settore TLC il divieto di assumere ruoli analoghi nel sistema dei media e viceversa. Cosa attualissima visto quanto è accaduto con la vicenda di Vivendi e di Mediaset, no? Quindi vuol dire che un po’ avanti, quella impostazione legislativa, lo era.

Poi – sono d’accordo – è una legge di sistema e come tale deve essere modificata frequentemente per adeguarsi all’evoluzione in corso. Cosa mai accaduta.

Noi quella legge la facemmo con la convinzione che dopo quattro o cinque anni sarebbe stata adeguata.

Siamo nel 2021 e evidentemente i cardini di quella legge hanno retto e ora è l’Europa che ci chiede, quantomeno, di modificare alcuni passaggi.

Ecco, sulla questione dei minori: io ad esempio credo che uno dei decreti attuativi dovrà essere interamente dedicato alla questione della tutela dei minori e della pubblicità sempre più insistente nei programmi a loro dedicati

Io sono rimasto sconvolto, una mattina, guardavo con i miei bambini un documentario sulla natura: era pieno di product placement.

Una cosa veramente incredibile.

Questi sono dei messaggi che bersagliano sistematicamente l’utente, il consumatore – in questo caso i minori – e io credo che ci debba essere rispetto per loro, sotto questo punto di vista.

Penso che un passaggio sul delicato tema del trattamento dei dati personali, specie se sono dati riferiti ai minori, il legislatore lo debba fare. Alla luce, soprattutto, di quanto dichiarato recentemente dal garante.

Parlare dei dati, della cultura dei dati significa ragionare sul cloud, vogliamo tutti un cloud pubblico, a parole, poi abbiamo una situazione nella Pubblica Amministrazione disastrosa per quanto riguarda i PSN (poli strategici nazionali)- la cui sistemazione è propedeutica al cloud pubblico.

E poi penso che per quanto riguarda l’illegalità, il legislatore debba prendere atto che occorre intervenire – così come ci ha suggerito anche la Guardia di Finanza recentemente – con coraggio su tutto ciò che è illegale.

Parlo ad esempio delle IpTv illegali.

Io ho depositato – sono stato il primo, ma non mi affascinano le primogeniture! – una proposta di legge della quale a breve inizierà la trattazione.

Su tutto ciò io credo che un ruolo diverso debba svolgerlo anche l’Agcom, auspico per lei funzioni un pochino più attive, diciamo così, e penso debba essere aggiornato il sistema delle sanzioni per chi sbaglia.

Io poi penso che su alcuni temi ultimamente Agcom – magari riferiti alla rete, ad altri temi di attualità – potrebbe essere un pochino più presente.

Il secondo tema – e poi mi avvio alla conclusione – è quello del Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche.

Io penso che questa sia un po’ un’autentica rivoluzione.

Vi spiego perché.

Perché il Codice, come tutti sapete, è in vigore dal 2018.

E’ stato un po’ ignorato, dai Governi che si sono succeduti in questa Legislatura nonostante vi fosse un dibattito abbastanza acceso sulla questione Rete unica e sul 5 G. Posso dire senza temere smentite che il Codice di Comunicazioni Elettroniche Europeo è stato decisamente ignorato a livello nazionale.

Tra l’altro, questo Codice prevede degli incentivi per gli investimenti in fibra per gli operatori wholesale only.

Io sono un tifoso – come tutti sanno – degli operatori wholesale only, non solo perché in Italia l’operatore wholesale only è anche un operatore pubblico – almeno fino a qualche ora fa era interamente pubblico, ma anche perché il modello wholesale only garantisce il mercato, la competizione, evita posizioni dominanti di operatori verticalmente integrati. E peraltro, sempre il Codice, prevede anche delle facilitazioni per il coinvestimento delle reti.

Ecco, qui tutti sanno che il coinvestimento è una cosa, quello di cui si sente parlare oggi, e cioè questo “consorzio” delle reti, che ha una chiara matrice Pd, è un’altra cosa, sono due cose completamente diverse.

Quella del consorzio è un’idea talmente vecchia che riprende addirittura l’idea di Franco Bernabè che risale ad una quindicina, una ventina di anni fa, e si chiamava “condominio delle reti”, non si chiamava “consorzio”, è una cosa vecchia, obsoleta.

Bisogna ragionare – come ci dice l’Europa – sul coinvestimento delle reti, ed è un’altra cosa.

Penso e concludo ragionando due minuti sulla questione della Rete unica. Io sono reduce dall’organizzazione di un evento, al quale hanno partecipato illustri esponenti di governo, che ha definito la nostra posizione sulla rete ultra broadband. E penso abbia anche sollecitato il governo ad esprimerne una propria, dopo la confusione e l’inerzia di questi anni. Ad esempio posso dire che la rete unica dei governi Conte 1 e 2, verticalmente integrata e magari in mano all’ex monopolista (incumbent), che, tra l’altro, nelle sue quote azionarie ha uno spazio riservato anche a delle compagini straniere…sia definitivamente naufragata.

Ecco, io credo che la rete debba essere certamente pubblica, che debba essere certamente wholesale only, quindi non verticalmente integrata, perché ce lo chiede l’Europa, ce lo chiede il mercato, ce lo chiede la competizione, ce lo chiede la competizione anche nei servizi e quindi noi dobbiamo ragionare in questi termini.

Il nostro evento titolava citando la rete al singolare e poi le reti al plurale.

Nel senso che io ero un sostenitore, noi eravamo sostenitori della Rete unica ma il dibattito è in corso dal 2006, la Rete unica, come idea politica, venne promossa addirittura col Governo Prodi, con vecchio Piano Rovati, no?.

Ecco, insomma…2006…adesso siamo nel 2021: è chiaro che qualcosa deve essere adeguato.

E allora, cosa si deve fare subito, immediatamente?

Intervenire sulle aree grigie, ad esempio.

Lasciamo perdere quelle nere, che vanno da sole, quelle bianche su cui c’è qualche problema…più ascrivibile al disordine mentale di Infratel che a quello organizzativo di Open Fiber.

Noi sappiamo perfettamente che anche Infratel, che è una società, peraltro, in house al Ministero dello Sviluppo Economico, ha delle pesanti responsabilità.

Ma limitiamoci alle aree grigie.

Cosa deve fare, dal nostro punto di vista, il Governo?

Deve chiamare gli operatori e deve dire “vuoi fare questo pezzo?”…“vuoi fare questo altro pezzo?”…bene…assegnàti!

Il resto va a gara!

E va a gara europea.

La tecnologia?

La decidiamo successivamente.

Per quanto ci concerne, la tecnologia prìncipe è fuori dubbio che debba essere l’FTTH.

Non ci sono discussioni su questo…non c’è il doppino, non c’è rame, è l’FTTH!!

Poi ci sono quelle complementari.

Vogliamo parlare di quelle FWA?

Certo che dobbiamo parlare di FWA!

Vogliamo parlare di 5G?

Certo, ma il 5G, senza l’FTTH non va da nessuna parte, come ben sappiamo!

Allora, deve essere un disegno – come dire – organico, una visione di insieme.

Ma le aree grigie devono andare a gara, rispettando le norme europee, ma bisogna fare molto in fretta perché altrimenti il problema il Digital Divide noi non lo supereremo mai.

Quindi io concludo con l’ultimo appunto.

A proposito di visione strategica, può lo Stato mantenere la mano pubblica di CDP in due società in competizione tra loro (Tim e Open Fiber)?

Il governo non può mantenere Cassa depositi e prestiti contemporaneamente in Open Fiber e in TIM e non posso nemmeno pensare che Cassa depositi e prestiti esprima il proprio Presidente nel Consiglio di Amministrazione di TIM, perché queste sono due società che, per quanto riguarda la Rete unica, sono in competizione tra loro.

Quindi quale sia la “visione” di un Governo che si comporta in questo modo non mi è chiaro. Cassa depositi e prestiti che, peraltro, gestisce – come sappiamo tutti – i risparmi postali degli Italiani.

E concludo dicendo “mi piacerebbe sapere quanto – in termini proprio di investimento, considerando quanto vale oggi l’azione TIM in borsa – Cassa depositi e prestiti ha perso, nel corso degli anni…”, perché anche questo è denaro pubblico.

Quindi la questione delle Reti è delicata, vediamo di lavorarci tutti quanti insieme e di fare in modo che non sia espressione dell’interesse di una ristretta oligarchia, perché – come è stato dimostrato anche prima – abbiamo bisogno di digitalizzazione, competizione e celerità.

Grazie ancora a tutti quanti per l’iniziativa e veramente complimenti alla presidente Sala.

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