Internet in TV, (im)prevedibilità del web

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La Direttiva 2007/65/CE, all’art 1 (che modifica sul punto la direttiva 89/552/CEE)  definisce il concetto di servizi di media audiovisivi ponendo la distinzione tra servizi lineari, i quali implicano la visione simultanea e passiva di programmi sulla base di un palinsesto predefinito, e servizi non lineari o “a richiesta”, come quelli on demand, scelti dall’utente sulla base di un catalogo selezionato dal fornitore di servizi.

L’ultima frontiera nell’ambito dei servizi non lineari è costituita dalla possibilità di avere Internet sullo schermo del proprio televisore.

Tramite acquisto di una Internet TV o di dispositivi quali i cosiddetti set top box, e per mezzo di una connessione a banda larga, è diventato possibile accedere a video e altri contenuti web non solo da PC ma anche attraverso la televisione.

A questo proposito il mercato ha recentemente proposto diverse offerte, ed altre ne verranno proposte a breve, differenziate quanto ai contenuti disponibili. In sostanza, a diversificare tali offerte è la “porzione” di web messa a disposizione dei consumatori attraverso la nuova interfaccia.

In molti casi,  viene data la possibilità di scegliere soltanto fra una serie di contenuti selezionati a monte dal produttore della tecnologia o dal fornitore del servizio.

Da ciò deriva che una prima, essenziale problematica posta da questa innovazione è quella della salvaguardia del pluralismo dell’informazione, in particolare quando ad offrire il servizio sono emittenti come Mediaset o Sky, che prospettano pacchetti “chiusi”, ovvero comprendenti soltanto film, programmi e notiziari relativi al loro palinsesto.

La possibilità che si tratti di un problema non solo teorico è suggerita dalla constatazione che nonostante il crescente fermento attorno alle nuove frontiere della comunicazione, sino ad ora la Rai, che secondo il contratto di servizio dovrebbe essere presente su tutte le piattaforme, pare attardarsi sulla strada della rivoluzione mediatica, con il risultato di favorire, di fatto, le aziende che hanno già avanzato le loro proposte di “set top box”.

Altra considerazione imposta dal timore di un freno al pluralismo dell’informazione è suggerita dai costi dei dispositivi che consentono l’accesso ai prodotti messi a disposizione dai fornitori di servizi: poiché questi non sono particolarmente ridotti (per avere un set top box la spesa probabile si aggira intorno ai 200 euro), ne risulta limitata la possibilità per uno stesso utente di accedere a più prodotti concorrenti.

Maggiori garanzie sotto l’aspetto considerato sembrano invece essere offerte da operatori telefonici, come ad esempio Tiscali e Telecom Italia, i quali, ospitando anche contenuti e servizi offerti da terzi (con esclusione dei pacchetti “chiusi”, ovvero dei servizi offerti in esclusiva da fornitori quali Mediaset), si dimostrano più aperti ad un potenziale pluralismo di opzioni.

Ci sono infine fornitori che si propongono di consentire ai consumatori la possibilità di navigare tra i contenuti dell’intera rete, e non solo una parte di questa. Lo scorso 20 ottobre, Google ha annunciato la nascita della sua “Google TV”, che permette l’accesso ad tutti i siti web.

Leggendo nel sito che pubblicizza la neonata televisione, tra le caratteristiche della Google TV viene evidenziata la peculiare presenza di Apps (applicazioni, come quelle presenti negli smartphones di ultima generazione) e il fatto che i “siti più graditi” al pubblico saranno oggetto di adattamenti che consentiranno di perfezionare la loro visione sul grande schermo, con la conseguenza che i siti più sponsorizzati saranno anche quelli a godere di maggiore visibilità.

La caratteristica rivoluzionaria di Internet è proprio quella di consentire agli utenti di spaziare liberamente in una rete globale, e di accedere alle sue infinite proposte nella misura in cui tutti i siti hanno la stessa possibilità di essere visualizzati, mentre con la Internet TV il rischio è che questa libertà possa essere in qualche modo limitata.

Altro problema connesso connesso al trasferimento di Internet sulla televisione concerne l’aspetto della protezione dei dati e della privacy degli utenti. Grazie alle TV o agli “scatolotti”  connessi a Internet, è di fatto possibile venire immediatamente a conoscenza delle preferenze dei telespettatori- navigatori, della loro posizione geografica e di altre informazioni come la composizione nel nucleo familiare.

Per quanto riguarda Google, sul sito dedicato alla sua neonata tv, viene offerto ampio spazio all’informativa sulla privacy e pone al riguardo una disciplina molto dettagliata, assicurando sul fatto che al momento le informazioni riguardanti la posizione e la “viewing history” dell’utente non sono raccolte, e che, se ciò avverrà in futuro, i clienti saranno informati e sarà loro data la possibilità di decidere negando il consenso preventivo alla raccolta ed al trattamento dei dati che li riguardano.

Le innovazioni di cui si è detto determineranno, come evidenziato anche durante l’incontro del 3 marzo 2011 tra i più importanti operatori e fornitori di contenuti internet, e presieduto dal Commissario UE per l’azienda digitale Neelie Kroes, maggiori investimenti legati all’utilizzo della banda larga, necessaria al fine di poter “portare” in TV i contenuti di Internet. Sino ad ora sono stati essenzialmente gli operatori (Telecom, Vodafone…) ad affrontare i costi della rete, ora è richiesto il supporto dei soggetti noti in gergo come “over the top”, ossia dei fornitori di contenuti Internet, ai quali è richiesto di partecipare agli investimenti in nuove reti, dato che avranno bisogno di utilizzarle e di contare su una maggiore velocità Internet.

Mediaset si trova ad essere, insieme a Google e ad Apple, tra i soggetti che, essendo maggiormente interessati agli sviluppi dell’NGN (reti a banda larghissima), sono anche i più interessati ad invocare nuove regole per Internet, tese alla protezione degli investitori economici.

E’ facile prevedere che si svilupperanno delicati dibattiti sulla regolamentazione delle trasmissioni, sopratutto per il controllo del mercato della pubblicità connessa ai prodotti multimediali (dibattito già innescato dalle problematiche suscitate dal Decreto Romani).

Nonostante che in questi primi mesi dall’uscita di tali nuove tecnologie l’impatto sui consumatori non sia stato così significativo come probabilmente ci si aspettava, siamo comunque di fronte all’ennesima rivoluzione (in questo caso è difficile dire se del web o della tv), i cui confini e le cui problematiche anche in campo giuridico sono ancora aperte a diversi scenari, difficilmente prevedibili.

Emblematiche in questo panorama sembrano essere le stesse parole utilizzate da Google nel descrivere la sua TV:

“The coolest thing about Google TV is that we don’t even know what the coolest thing about it will be.”

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About Author

Chiara is Legal Advisor Assistant at Kellogg Italia. On October 2011 she got her degree in Law from Bocconi University of Milan. She is also past member of the Bocconi International Law Society. Her driving interests are Information and Communication Law and International Commercial Arbitration

1 Comment

  1. Claudio Bruno on

    Ottimo argomento, quì si ritorna all’osservazione che faceva Stefano Quintarelli a lezione, l’avanzare delle tecnologie porta ad una confusione dei mezzi di comunicazione, tra qualche hanno non cambierà niente tra un computer con schermo wide screen ed una tv per come tradizionalmente la intendiamo .

    Questa confusione porterà a nuovi “terreni di conquista” per i colossi del web che già da oggi non si limitano esclusivamente a guardare (vedi big G) ponendo nuovi problemi per i quali è necessario, a mio avviso, intervenire con la giusta prontezza, possibilmente “giocando” con il giusto anticipo.

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