Il diritto d’autore tutela lo script?

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Ripubblichiamo il commento del Prof. Giovanni Maria Riccio dal sito blog.adci.it (http://blog.adci.it/adci/il-diritto-dautore-tutela-lo-script/)

E’ una decisione importante quella con cui il Tribunale di Torino ha riconosciuto Riccardo Pagani come coautore dello spot pubblicitario “Fiat 500 cult yacht”.

Sebbene della vicenda si sia già parlato ampiamente nel blog dell’ADCI, conviene ripercorrere brevemente i fatti che hanno dato origine alla controversia. Pagani è stato un art director della Leo Burnett dal 2007 al 2014. Nel 2014, nell’ambito di un procedimento di riduzione del personale, è stato posto in cassa integrazione a zero ore: in altre parole, da questa data, ha smesso di lavorare per la celebre agenzia.

Tra i clienti della Leo Burnett, c’è anche la Fiat. E proprio la Fiat, puntando molto sul rilancio di una sua storica autovettura, decide di affidare all’agenzia milanese la campagna pubblicitaria per la 500. L’idea della campagna è creata dal Pagani, che raccoglie in uno script il percorso narrativo della réclame, descrivendo ambientazione, protagonisti, tono della voce di fondo e messaggio veicolato. Il tutto viene presentato alla Fiat, che, sul momento, decide di non dare seguito alla trattativa.

Solo successivamente l’idea viene sviluppata da altri dipendenti della Leo Burnett, partendo dallo script originario, e diviene una pubblicità, che fa incetta di premi. In particolare, la pubblicità riprende il claim finale ideato dal Pagani: “non importa quanto è grande la tua auto, importa quanto è grande il tuo yacht”.

Perché quest’ordinanza è così importante? Perché sembra riconoscere il diritto d’autore – e, in particolare, il diritto morale di paternità – sullo script. La giurisprudenza, per quanto è dato sapere, non si era mai spinta così in avanti. La Cassazione, in una decisione del 2003, aveva infatti riconosciuto il bozzetto come opera tutelata dal diritto d’autore e, quindi, come creazione originale, scissa dal prodotto industriale (la pubblicità) alla quale è associata economicamente, ma non si era ancora occupata degli script.

Per la verità, l’ordinanza in questione sembra voler sviare dal problema, affermando che “ciò di cui qui si discute non è se lo script realizzato dal Pagani sia autonomamente tutelabile come opera”, salvo poi riconoscere, allo stesso Pagani, un diritto di paternità sull’opera.

In altri termini, l’ordinanza non si preoccupa di ricondurre, in astratto, lo script tra le opere protette dal diritto d’autore ed elencate dall’art. 2 della legge n. 633 del 1941 (sebbene sia noto che l’elenco non abbia carattere tassativo e che sia ammessa una protezione anche di altre opere non previste dalla legge). Tuttavia, ammettendo che il creatore dello script sia autore, eleva lo script stesso a qualcosa di più di una semplice idea (di per sé non tutelata). L’ordinanza, quindi, accorda protezione all’estrinsecazione dell’idea, in linea con il disposto dell’art. 1 della legge sul diritto d’autore, che protegge le opere “qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

Seguendo le argomentazioni dei giudici, pare possibile concludere che lo script, di per sé, potrebbe non essere un’opera tutelata, ma che la prova dell’ideazione dello script stesso è un elemento decisivo per riconoscere al suo creatore la paternità sulla pubblicità sviluppata da altri partendo dall’idea originaria.

Il problema che si pone, allora, è quello del deposito dell’opera (o, per essere più precisi, dallo script). Nel caso di specie, il pubblicitario è stato bravo a dimostrare il nesso tra i suoi appunti e la réclame: cosa sarebbe avvenuto, tuttavia, se il giudice si fosse trovato a dover decidere tra l’anteriorità di un’idea, esteriorizzata con foglietti e appunti di un’agenda, e una pubblicità, la cui data è invece certa? Quali difficoltà si sarebbero potute incontrare in un’ipotesi del genere?

Per quanto riguarda la tutela autoriale, l’art. 6 della legge sul diritto d’autore stabilisce che “Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”. Ciò significa che è necessario che vi sia concretizzazione, estrinsecazione o esteriorizzazione dell’opera ossia che l’idea venga, per dir così, portata all’esterno e non rimanga nel foro interiore del suo creatore.

La legge, a differenza di quanto spesso si creda, non obbliga però al deposito dell’opera. È sufficiente avere un mezzo di prova – ossia un modo di dimostrare l’anteriorità della propria creazione – per essere riconosciuto autore dell’opera stessa: esattamente quello che ha fatto Riccardo Pagani nel caso in questione. Né, tanto meno, è obbligatorio che il deposito sia effettuato presso la SIAE.

Un tempo c’era la prassi – soprattutto per gli autori di opere letterarie – di inviarsi il proprio manoscritto in una busta chiusa, in modo da dimostrare l’anteriorità dell’opera per mezzo del timbro postale. Oggi, per fortuna, esistono strumenti molto più sofisticati che consentono di attribuire una data certa alle opere, anche se non ancora definitive.

Strumenti ai quali i pubblicitari dovrebbero ricorrere con maggiore frequenza, anche per tutelarsi da plagi e da altre forme di appropriazione, già nelle varie fasi antecedenti l’ultimazione dell’opera. Insomma, per mettere nero su bianco le proprie idee, fissandole nel tempo. Un discorso lungo, che forse meriterebbe un altro post…

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