Diffusione di fonogrammi ed equo compenso per artisti, esecutori e produttori: le decisioni della Corte di Giustizia in due casi analoghi

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Il 15 marzo 2012 la Corte di Giustizia Europea ha emesso due sentenze in teme di diritti connessi all’equo compenso che deve essere versato per la comunicazione al pubblico di un fonogramma già pubblicato a scopi commerciali. Le cause in questione, la C-135/10 e la C-162/10, sono state valutate dall’Avvocato Generale come strettamente connesse, tanto che quest’ultimo ha deciso di esporre le conclusioni nello stesso giorno.

Entrambe le domande di pronuncia pregiudiziale, infatti, riguardavano il diritto ad un’equa remunerazione, previsto dall’art. 8, paragrafo 2 della direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CEE e della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/115/CE (versione consolidata della 92/100).

Nella causa C-135/10 il giudice del rinvio chiedeva se un medico odontoiatra che diffonde trasmissioni radiofoniche nel suo studio, comunichi indirettamente al pubblico i fonogrammi utilizzati nelle trasmissioni stesse e, pertanto, sia tenuto a versare un’equa remunerazione ai sensi delle disposizioni sopra precisate. Nella causa C-162/10 si poneva, invece, la questione se il gestore di un albergo o di una pensione che installa nelle camere apparecchi televisivi o radiofonici ai quali trasmette un segnale, sia tenuto anch’esso a versare un’equa remunerazione per l’indiretta comunicazione al pubblico dei fonogrammi utilizzati nelle trasmissioni radiofoniche e televisive. In quest’ultimo procedimento, poi, il giudice del rinvio ha esteso il quesito ad un’ulteriore questione: se il gestore utilizzi i fonogrammi per una comunicazione al pubblico anche nell’ipotesi in cui egli non metta a disposizione nelle camere apparecchi radio e televisivi, bensì apparecchi per la riproduzione con i relativi fonogrammi su diverso supporto.

Andiamo per ordine.

La Phonographic Performance (Ireland) Limited (d’ora in avanti PPL) ha proposto ricorso nei confronti dell’Irlanda in quanto ai sensi dell’art. 97 primo comma del Copyright and Related Rights Act 2000, norma nazionale, i gestori di alberghi e pensioni sarebbero esonerati dal versare alla PPL l’equa riparazione per la diffusione, nelle camere degli alberghi, di fonogrammi facenti parti di quelli concessi sotto licenza alla PPL, tramite un dispositivo fornito dai responsabili della gestione di tali alberghi nell’ambito del servizio. In realtà, l’art. 97 di cui sopra farebbe cessare l’obbligo di equa riparazione solo per ospedali, case di cura, strutture di assistenza residenziale, istituti penitenziari e qualsiasi altro istituto assimilabile e, pertanto, inapplicabile ad alberghi, pensioni e strutture ricettive. Nonostante ciò, la Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 8 secondo paragrafo della direttiva 2006/115.

La seconda causa, invece, è stata intrapresa dalla Società Consortile Fonografici (SCF) a seguito del fallimento delle trattative con l’Associazione Nazionale Dentisti Italiani volta alla stipula di un accordo collettivo per quantificare un equo compenso ai sensi degli artt. 73 o 73 bis della legge n. 633 del 1941 per ogni comunicazione al pubblico di fonogrammi effettuata dai dentisti, inclusa quella effettuata presso gli studi professionali privati. Fallita la trattativa, la SCF ha convenuto in giudizio il Dott. Del Corso al fine di far accertare che questi, medico dentista, diffondeva nel proprio studio privato, fonogrammi sottoposti a diritto di autore senza versare l’equo compenso previsto dalla legge 633 del 1941 nonché dalle normative di diritto internazionale e dell’Unione Europea.

I due casi, seppur analoghi, sono stati decisi dalla Corte di Giustizia Europea in maniera completamente opposta, riconoscendo in capo agli albergatori un obbligo di pagamento dell’equo compenso negato, per contro, nel caso dei dentisti.

Veniamo nel dettaglio quali sono stati i punti focali delle due decisioni.

Come anticipato, la disposizione cardine di queste due decisioni è l’articolo 8, paragrafo 2, della Direttiva 2006/115, versione consolidata della direttiva 92/100, il quale dispone che:

«Gli Stati membri prevedono un diritto per garantire che una remunerazione equa e unica sia versata dall’utente allorché un fonogramma pubblicato a scopi commerciali, o una riproduzione del medesimo, è utilizzato per una radiodiffusione via etere o per una qualsiasi comunicazione al pubblico, e che detta remunerazione sia suddivisa tra gli artisti interpreti o esecutori e i produttori del fonogramma in questione. In caso di mancato accordo tra artisti interpreti o esecutori e produttori di fonogrammi, gli Stati membri possono stabilire le condizioni della ripartizione tra i medesimi di questa remunerazione».

La prima questione da risolvere è se il gestore di un albergo o il libero professionista dello studio odontoiatrico privato possano essere considerati utenti che effettuano un atto di comunicazione al pubblico. Per questa valutazione, a detta della Corte di Giustizia, è necessario procedere ad una valutazione individualizzata tenendo in considerazione anche alcuni criteri complementare.

Uno di questi è il ruolo dell’utente. Un utente può essere considerato tale ed effettua una atto di comunicazione quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’emissione radiodiffusa, contenente l’opera protetta. In mancanza di questo intervento, tali clienti, non potrebbero in via di principio fruire dell’opera diffusa.

Nel caso del gestore di albergo, il suo intervento è imprescindibile affinché i clienti possano fruire dei contenuti protetti da diritto d’autore. Alla stessa conclusione la Corte è giunta nel caso del dentista che diffonda fonogrammi nella sala d’attesa del suo studio professionale privato, intervenendo volontariamente nella diffusione.

Il secondo imprescindibile passaggio consiste nel dare una definizione al concetto di pubblico. Per pubblico si deve intendere un numero indeterminato di potenziali fruitori che deve essere, tra l’altro, piuttosto considerevole. La Corte di Giustizia parla, addirittura, di “gente in generale”. Deve pertanto escludersi a priori una pluralità di interessati troppo esigua, se non addirittura insignificante. Bisogna tenere poi conto degli effetti cumulativi: sapere non solo quante persone contemporaneamente accedono alla medesima opera, ma quante fra di esse abbiano accesso alla stessa opera in successione.

Partendo da queste considerazioni, i clienti di un albergo costituiscono un gruppo indeterminato di destinatari potenziali in quanto il loro numero non è soggetto ad altro limite se non la capacità dell’albergo; trattandosi, quindi, di una quantità considerevole e rilevante, possono essere senza dubbio ritenuti “pubblico”.

Quanto ai pazienti di uno studio dentistico, invece, questi formano un complesso di persone pressoché stabile ovvero un insieme di destinatari potenzialmente determinato e non può trattarsi, al fine della definizione di pubblico, di “gente in generale”. Tale pluralità di persone può considerarsi addirittura insignificante per il fine che rileva, soprattutto se si considerano le persone contemporaneamente presenti nello studio professionale. Inoltre, il ricambio piuttosto rapido di clienti all’interno della sala d’attesa, fa propendere per il venire meno del cosiddetto effetto cumulativo, in quanto di regola è improbabile che i clienti siano destinatari dei medesimi fonogrammi.

Da ultimo, per la Corte rileva ai fini della definizione della questione pregiudiziale, anche il carattere lucrativo della comunicazione al pubblico. I clienti dell’albergo sono, ovviamente, i soggetti cui mira il gestore e sono senza alcun dubbio ricettivi. Il pubblico non è intercettato casualmente. La prestazione di filodiffusione, inoltre, è una prestazione di servizi supplementare che può influire sul livello dell’albergo, sul prezzo delle camere e può attirare nuovi clienti. Il medico dentista, invece, non può ragionevolmente aspettarsi un ampliamento della clientela per il solo fatto di diffondere musica nella sala d’attesa e, tantomeno, può pensare di aumentare il costo delle cure in ragione della filodiffusione. La clientela, in questo caso, non può considerarsi ricettiva. Viene quindi meno il carattere lucrativo.

In conclusione, mentre il gestore di un albergo può essere considerato un utente che effettua una comunicazione al pubblico ai sensi del secondo paragrafo dell’art. 8 della direttiva 2006/115, lo stesso non può dirsi del medico dentista.

Quali sono le conclusioni cui è giunta la Corte di Giustizia?

Il gesto dell’albergo che effettua una comunicazione, si rivolge ad un pubblico nuovo che non era stato preso in considerazione dagli autori dell’opera protetta nel momento in cui avevano autorizzato l’utilizzo per la comunicazione al pubblico d’origine. Ciò gli permette di ricevere dei benefici economici indipendenti da quelli ottenuti dall’emittente radiofonica o dal produttore di fotogrammi. Deve, in ragione di ciò, versare un compenso ulteriore rispetto a quello già corrisposto dall’emittente radiofonica. Importante sottolineare come la Corte precisi che la definizione di remunerazione “unica” di cui all’art. 8 direttiva 2006/115 infatti, non significhi che debba essere versata una sola volta dall’emittente originaria, in questo caso la stazione radiofonica; va intesa, invece, nel senso che verrà versata una sola volte per ogni atto di comunicazione e che questa remunerazione, appunto unica, andrà suddivisa solo in un momento successivo tra gli aventi diritto. Pertanto va versata una remunerazione ulteriore rispetto a quella già versata dall’emittente radiofonica.

Stessa conclusione nel caso in cui il gestore della struttura alberghiera metta a disposizione dei clienti apparecchi di altro tipo e fonogrammi su supporti fisici, nonostante siano i clienti a decidere se e quando ascoltare le opere protette da diritto d’autore. Da ultimo, esclude che l’utilizzo nella propria camera da parte del cliente possa dare alla comunicazione carattere di utilizzo privato.

Il medico dentista, in ragione di quanto detto invece, non si può dire effettui una comunicazione al pubblico e tale diffusione, quindi, non fa sorgere il diritto all’equo compenso in favore dei produttori fonografici.

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