YouTube tra la estraneità ai contenuti trasmessi e la effettiva conoscenza dell’illecito: un recente caso giurisprudenziale francese.

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Il ruolo di Youtube e la questione inerente alla violazione del diritto di autore sui contenuti audiovisivi pubblicati dagli utenti investe, come accaduto in molti paesi europei, anche la giurisprudenza francese.
Il Tribunale francese di Creteil, chiamato a valutare la liceità dell’attività dell’intermediario Youtube nella messa a disposizione degli utenti della rete di frammenti di programmi televisivi andati in onda sui canali pubblici della tv francese, i cui diritti esclusivi di utilizzazione competono all’Institut National de l’Audiovisuel (INA), con la sentenza del 14 dicembre 2010, ha affermato che la ricezione di una comunicazione di notifica da parte del soggetto leso, corredata delle informazioni necessarie, fa sorgere in capo all’intermediario l’obbligo di attivarsi per la rimozione delle opere protette, pena l’attribuzione di responsabilità.
La corte francese fonda la propria decisione sul fatto che l’intermediario non può, a propria giustificazione, far valere una obiettiva impossibilità tecnica di esercitare un’attività di sorveglianza o controllo sui contenuti immessi nella rete Internet dai propri utenti, né che non dispone dei mezzi adeguati per eliminare le opere che violano il diritto d’autore, dal momento che interviene sui contenuti ospitati, disabilitando o cancellando quelli a carattere pedofilo, o che incitano all’odio, o che sono un’apologia del crimine.
Inoltre, il Tribunale francese, applicando in modo assai rigoroso il principio di presunzione di conoscenza, ha stabilito che l’intermediario va ritenuto responsabile anche per ogni successiva nuova pubblicazione dei contenuti informativi lesivi, anche se essa avviene per opera di utenti diversi da quelli precedentemente coinvolti. E precisa il giudice francese che, in questo caso, non si è in presenza di un fatto nuovo tale da richiedere una ulteriore notifica, perché i diritti di proprietà intellettuale sono i medesimi.
Nel condannare Youtube, il giudice francese, ed è questo l’elemento di maggiore novità, accogliendo la specifica domanda avanzata dall’INA, ordina all’intermediario di installare sui propri server un sistema di filtraggio dei video che sia efficace e che immediatamente impedisca la pubblicazione di opere protette prive delle necessarie autorizzazioni rilasciate dagli aventi diritto e dispone che la stessa parte lesa abbia la possibilità di constatare la funzionalità del dispositivo tecnico anzidetto.
Il Tribunale d’oltralpe stabilisce che all’intermediario deve applicarsi il regime di responsabilità stabilito dalla loi du 21 juin 2004 n. 575 pour la confiance dans l’économie numérique (LCEN) che recepisce la direttiva europea 2000/31/CE e che la diffusione di frammenti di opere protette senza l’autorizzazione del titolare dei diritti, dopo che l’attività illecita era stata debitamente segnalata, costituisce contraffazione ai sensi degli artt. L 122-4 e L-215-1 del Code de la propriété intellectuelle.
La decisione resa dal Tribunale francese si fonda sull’interpretazione dell’art. 6-2 LCEN, che impone all’intermediario l’obbligo di attivazione diretto alla rimozione dell’illecito dal momento della sua conoscenza e la presunzione di effettiva conoscenza (effectivement connaissance) si ha una volta ricevuta una notifica contenente tutti i dati necessari ad identificare i soggetti coinvolti e le ragioni atte a dimostrare l’illecito perpetrato.
Nello specifico, secondo la legislazione francese, la conoscenza dei fatti illeciti si presume per l’intermediario quando la notifica inviata a quest’ultimo è corredata dei seguenti elementi: la data, le generalità complete della persona fisica o giuridica notificante e l’indicazione del legale rappresentante, se trattasi di ente; il nome ed il domicilio o sede legale del destinatario della notifica; una descrizione dei fatti contestati e la loro precisa localizzazione nella rete; le ragioni di diritto in base alle quali il contenuto informativo deve essere rimosso; la copia della corrispondenza inviata che documenti la questione controversa e che contenga la domanda di rimozione o di modificazione del contenuto informativo pubblicato, o i motivi per i quali non è stato possibile inviare la corrispondenza.
Come accennato, la corte francese ha imposto all’intermediario di dotarsi di un sistema o dispositivo tecnico di filtraggio che impedisca la pubblicazione on-line dei contenuti protetti, attribuendo alla parte lesa dalla contraffazione subita, la facoltà di controllo in ordine alla efficacia di tale mezzo. Si tratta, senza dubbio, di un elemento di novità nel panorama delle decisioni sinora emesse, dal momento che, qualora tale dispositivo effettivamente funzionasse, determinerebbe in capo all’intermediario, un potere di controllo preventivo su ogni contenuto informativo veicolato.
Questo tipo di misura era in qualche modo prevista dalla c.d legge Hadopi che ha stabilito la creazione di un’autorità amministrativa indipendente (Haute Autorité pour la Diffusion des Œuvres et la Protection des Droits sur Internet) con il potere di ordinare a carico dell’intermediario l’installazione di software in grado di monitorare i flussi informativi in entrata ed in uscita, così da scongiurare il pericolo di violazioni della legge sul diritto d’autore. Come è noto, il Conseil Constitutionnel, con la decisione del 10 giugno 2009, ha censurato l’imposizione di tali programmi, riservando all’autorità soltanto la facoltà di consigliarne l’uso, ma non anche di imporlo.
Ma, comunque, in questo vuoto di regolamentazione sul punto e nonostante il pronunciamento del Conseil Constitutionnel, il giudice francese, con il suo intervento, ha colmato tale lacuna, dando di nuovo corpo a quella parte della legge Hadopi che contempla, come ausilio alla lotta contro le violazioni del diritto d’autore, l’impiego di dispositivi tecnici che controllano ed impediscono il flusso informativo.
E, in questa direzione, occorre chiedersi se tali iniziative giurisprudenziali o di carattere regolamentare si pongano in contrasto con i valori costituzionali della persona, quali la segretezza delle comunicazioni e le libertà fondamentali dell’individuo.

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