Yahoo! Answers: nessuna responsabilità per la condotta degli utenti all’interno del forum

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A chi racconta che gli studi legali dovrebbero seguire l’esempio delle imprese che infilano nel calendario agostano una manciata di settimane destinate ad una chiusura totale, rispondo che sarei anche d’accordo, in linea di massima (figuratevi il contrario: parla uno che subisce la legge dell’ultimo arrivato e va in ferie –chiamiamole così- in settembre), se non fosse per il fatto, bruto e semplice, che non si può. Al di là dei cautelari, delle direttissime, degli amici degli amici degli amici cui prestare –sine condicio– ausilio nunc et semper in secula seculorum, le soprese, o comunque, anche quando non costituiscano motivo di sorpresa, le sentenze, non mancano mai. Fossimo anche a ridosso di Ferragosto.

Non pensava di certo (o non ci pensava sicuramente troppo) a Ferragosto la dott.ssa Francesca Neri da Bologna, vedi sezione III civile del tribunale felsineo, che ha esteso una bella (così l’hanno definita, ma a me scoccia definire bella una decisione solo perché mi trova d’accordo. Intendiamo “bella” come “ben scritta”, e non se ne parli più) e chiara ordinanza per pronunciarsi, in via di rigetto, sul ricorso presentato in sede cautelare da un imprenditore un po’ incazzato a causa di alcuni commenti, non proprio lusinghieri, apparsi, in merito alla reputazione della sua società (per dirla meglio: del marchio di cui risultava essere concessionario), all’interno di un forum messo a disposizione dal provider Yahoo! al confronto tra gli utenti in ordine a qualsivoglia questione ritenuta meritevole d’attenzione.  Avete presente Yahoo! Answers? Più o meno: non sai una cosa e ti affidi a chi ne sa, presumibilmente, più di te. Dal nome del nuovo stadio della Juventus al modo più efficace per organizzare una serata romantica (dalla mera curiosità alla pura disperazione, dunque): insomma, chi meno ne sa più ne chiede, chi più ne ha più ne mette.

Posto che magari, ad esser persone oneste e aduse a buon costume e decoro, una pagina così farebbe incavolare anche me, posto che non ho certezza che sia questa la pagina incriminata, ma credo proprio lo sia (oh, facciamo finta al massimo), immaginate il contesto: imprenditore, si è detto, ragionevolmente incazzato che domanda al giudice felsineo, in nome dell’art. 16 del d.lgs. 70/2003, di salvare prima la capra –rectius: imporre a Yahoo!, la cancellazione dei contenuti asseritamente diffamatori-, poi i cavoli –rectius: ordinare a Yahoo! di rivelare le generalità degli autori dei commenti contestati, per potersene poi valere in un autonomo giudizio risarcitorio ex art. 2043 c.c.; tutto ciò prospettando, udite udite, una concorrente responsabilità extracontrattuale del provider per aver consentito la pubblicazione di (e non aver rimosso) contenuti asseritamente diffamatori da parte degli utenti partecipanti alla discussione aperta sul forum.

Quando ho letto le richieste del ricorrente mi sono tornati alla mente due casi ormai famigerati: Peppermint (laddove però il sacrificio della privacy degli utenti era diversamente giustificato dalla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, mentre qui pare piuttosto in gioco una condotta presunta diffamatoria degli utenti) da un lato, Google-Vividown (dove, piuttosto, si dibatteva del punto dell’asticella ove collocare la soglia di responsabilità del provider per omesso controllo) dall’altro. Fortunatamente, la soluzione adottata del giudice bolognese non ha ripercorso errori e incertezze del passato che sarebbe auspicabile non rincontrare.

Punto primo: partendo dalla fine, l’ordinanza demolisce (correttamente) la paventata ipotesi di una responsabilità extracontrattuale di Yahoo! concorrente (mah..) a quella degli autori della condotta illecita contestata. Nel caso di specie, è chiaro come Yahoo! rivesta il ruolo di hosting provider, limitandosi, senza alcun contributo attivo e alcuna responsabilità che potrebbe definirsi “editoriale”, ad offrire uno spazio di discussione fra i suoi utenti. Di quel che avviene all’interno di quel forum, a Yahoo! poco importa, ma nemmeno deve interessare, a ben vedere, visto che la sua funzione è meramente tecnica; è un po’ come se decidessi di noleggiare a un terzo la mia auto: di quel che ci fai poco o nulla mi importa; se poi la danneggi o la distruggi me ne renderai conto, ma questo è un altro paio di maniche.

Se così è, allora non ha senso alcuno paventare una responsabilità extracontrattuale di Yahoo!: il suo servizio si limita alla messa a disposizione di uno spazio virtuale, senza alcun connesso potere di controllo o vigilanza; pertanto, lì si arrestano le sue responsabilità. Osserva acutamente il giudice, peraltro, che argomentando diversamente si configurerebbe un’inaccettabile ipotesi di responsabilità per fatto altrui (cioè del danneggiante), in palese contrasto con lo stesso tenore letterale dell’art. 2043 c.c.

Detto questo, il ricorrente potrebbe dire: vabbè, ci ho provato, ora dimmi chi è stato, così mi regolo io. Troppo facile, a dirsi così: l’art. 16 del decreto 70/2003, infatti, pone un presupposto ineliminabile affinché il giudice possa ordinare al provider la comunicazione delle generalità degli utenti, vale a dire la sussistenza di una condotta illecita.

Secondo il ricorrente, trattasi di condotta diffamatoria: i parametri necessari a giudicare se tale è in effetti la condotta contestata corrispondono agli indici elaborati dalla giurisprudenza in materia di diritto di cronaca e critica (ricordate? verità, rispondenza a interesse pubblico e continenza).

Ora, se due utenti parlano di un’esperienza pregressa con un determinato fornitore o prodotto, è non solo ammissibile ma sacrosanto che utilizzino espressioni dotate di impatto negativo, in qualche modo di detrimento alla reputazione del marchio o, più in generale, dell’impresa. Si è allora di fronte ad un legittimo esercizio del diritto di critica, dato che –come sottolinea opportunamente il provvedimento- lo stesso requisito della continenza dev’essere valutato con maggiore tolleranza in virtù del tono informale che caratterizza le discussioni tramite un forum. Tutto questo a maggior ragione osservando che la presenza di commenti positivi, oltre a quelli negativi, contribuisce ulteriormente a scalfire l’ipotesi di una condotta diffamatoria, che esige una valutazione globale e generale.

Se dunque manca una condotta illecita, tramontano i presupposti affinché possano essere rivelate al ricorrente le generalità degli autori dei commenti contestati ai fini di un’autonoma azione risarcitoria, con buona pace sua.

Termina così un’ordinanza lineare lineare (“bella”, suvvia), molto chiara e soprattutto coerente con i principi che governano la responsabilità degli ISP in materia di libertà di espressione.

Non mi piace, però, parlare di una libertà di espressione che prevale rispetto alla tutela della reputazione, quasi che Internet divenisse nuovamente scudo dell’esercizio della libertà di dire quel che si vuole. Non mi piace, davvero, fare la conta dei punti a favore dell’una o dell’altra parte (cioè della libertà o meno di espressione in rete) a maggior ragione se in mezzo ci sono principi oggetto di tutela costituzionale, che non vincono o perdono, ma semplicemente, semmai, si bilanciano. Quindi parlare di libertà di espressione che prevale a me sembra, francamente, un po’ esagerato e un po’ una castroneria. La libertà di espressione, banalmente, ha motivo di venire compressa a condizione che sussistano i presupposti previsti dalla legge: se manca una condotta illecita, di che altro parliamo?

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About Author

Marco holds a PhD in Constitutional and European Law from the University of Verona (2016) and is a qualified lawyer in Milan (2013). He is an Emile Noël at the Jean Monnet Center for International and Regional Economic Law & Justice - New York University (School of Law). In 2010 he got his degree in Law (magna cum laude) from Bocconi University, Milan. He has been a visiting researcher at the Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law in Heidelberg (2012) and at the Max Planck Institute for Foreign and International Criminal Law in Freiburg im Breisgau (2012). His research interests include Constitutional Law, Information and Communication Law and EU Law.

4 Comments

  1. L’articolo è interessante ma quanto scritto su Yahoo! Answers nei confronti dell’azienda è a mio parere offensivo e allusivo. In Italia ci sono state condanne per diffamazione anche per molto meno.
    Il suddetto commento invece secondo me è un po’ troppo polemico.
    L’autore, risultandomi un illustre SCONOSCIUTO poteva risparmiarsi tutte le parentesi e i trattini polemici. Troppa foga di fare considerazioni personali che al comune lettore poco fregano.

    • Egregio Sig. Savina,
      La ringrazio per avermi pregiato della definizione di illustre sconosciuto (naturalmente, il ringraziamento s’intende per l’epiteto di “illustre”). Non ho il piacere di poter ricambiare, per fare ciò resteró in attesa di poter leggere ed apprezzare qualche Suo contributo in futuro.
      Quanto al contenuto presunto diffamatorio del forum, ciascuno ha differenti vedute e nel caso di specie non mi trovo così in dissonanza da Lei; non riesco invece a cogliere come puntini e parentesi in questo commento possano tradire un tono asseritamente polemico ed irretirla tanto: le considerazioni personali esistono per rendere un contributo più aperto al pubblico e rappresentare al meglio la posizione di chi scrive, se il lettore non le apprezza è libero di ignorarle senza tuttavia avere titolo di trascendere in inopportuni giudizi di valore sull’autore.
      Senza che ciò infici il suo diritto di critica: come ripeteva il buon Votaire, “non approvo quello che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo”.
      Cordialmente
      Mb

  2. Marco Bassini è un ragazzo molto intelligente. Ricordo di aver letto la sua tesi di laurea e di esserne rimasto positivamente impressionato. Detto questo, il diritto di critica (e, volendo, quello di polemica) prescindono dalla notorietà dell’autore.
    Sinceramente anche io cambierei qualche punto dell’articolo di Marco, che comunque mi sembra ben scritto. La decisione del tribunale bolognese, poi, è un raggio di sole in un periodo molto buio (si veda, da ultimo, la decisione del tribunale di Roma, che riguarda proprio Yahoo).
    Ne approfitto, poi, per ringraziare Fabio Savina. Continui a seguirci e continui a commentare: la discussione è sempre fonte di arricchimento. E, se vuole, partecipi con un post. Ma ad una condizione: niente parentesi e trattini! Scherzi a parte, speriamo di rivederLa presto da queste parti.
    Cordialità
    Giovanni Maria Riccio

  3. I problemi che emergono su yahoo answers sono ben altri.
    L’esempio che citi attraverso il link ci mostra un peccato”veniale”. Se ben osservi la miglior risposta è stata data ad un tizio che chiude con un bel link “pubblicitario” su piattaforma free messo li in modo quasi…distratto.
    Non a caso l’utente è stato sospeso perché questa attività NON rispetterebbe il regolamento di answers. Come puoi vedere qui il problema reale è lo spam spacciato come aiuto, altro problema più riallacciabile al tuo ragionamento è quello della cattiva educazione. Qui, senza tirar in ballo magistrati & co. c’è la nota dolente della gestione answers che da sempre non riesce a tutelare gli utenti corretti da quelli meno seri.
    Potemmo ribatter che molti sono adolescenti e il linguaggio è quello che è ma andremmo fuori tema.

    Nota: (per quello che vale). La frase “Non approvo quello che dici ma….” non è di Voltaire ma della scrittrice Evelyn Beatrice Hall e tratta dal libro (biografia) Gli amici di Voltaire.

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