Violazione della privacy nell’ambito dei processi: l’ultima parola al giudice. Spetta al giudice la valutazione sull’utilizzabilità degli atti prodotti dagli avvocati

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Spetta al giudice, e non al Garante della privacy, la valutazione sulla liceità del trattamento dei dati personali effettuato dagli avvocati o dalle parti nel corso del processo e di conseguenza la utilizzabilità o meno degli atti e dei documenti da loro prodotti.
 
Tale chiarimento trae origine da due segnalazioni e un reclamo pervenuti all’Autorità da parte di cittadini che si lamentavano per l’utilizzo di dati sensibili e giudiziari a loro riferiti.
 
In un caso, nell’ambito di una causa di separazione, venivano contestate le modalità di acquisizione e l’utilizzabilità di alcune lettere private contenenti dati idonei a rivelare la vita sessuale della reclamante.
 
Un’altra contestazione era riferita all’utilizzabilità, all’interno di una causa di lavoro, di dati relativi a una vicenda giudiziaria penale.
 
L’ultima segnalazione riguardava la produzione di una e-mail contenente informazioni sullo stato di salute, presentata in un contenzioso civile tra due società.
 
In tutti e tre i provvedimenti l’Autorità ha sottolineato che, in base all’articolo 160 del Codice della Privacy, spetta al giudice definire la validità, l’efficacia e l’utilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti presentati nell’ambito del procedimento giudiziario, anche se basati su un trattamento illecito di dati personali. Tale valutazione è infatti disciplinata dalle pertinenti disposizioni processuali in materia civile e penale. (da newsletter http://www.garanteprivacy.it)

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