Spunti sulla disputa tra la libertà di panorama e il diritto di proprietà intellettuale

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Innanzitutto, possiamo spiegare la libertà di panorama come la facoltà di scattare e poi di riprodurre delle fotografie di edifici e opere siti in luogo pubblico, senza che ciò vada a in-taccare i diritti di paternità intellettuale relativi. Potrebbe certo parere (condivisibilmente) superata e superflua la definizione di un tale concetto di diritto di libertà nell’epoca attua-le dell’instant photosharing. Eppure, come andiamo a mostrare, così non è.

Qualche mese fa, in seno al Parlamento europeo gli esponenti Popolari Socialisti e Liberali hanno propugnato la necessità che venisse tutelato il diritto d’autore sulle immagini che, per esempio condivise sui social network, potessero essere riproducibili a scopi commer-ciali in senso lato. La proposta di emendamento è stata bocciata con la votazione plenaria del 9 luglio scorso e il Parlamento ha scelto di mantere la situazione immutata. Ma è inelu-dibile che la necessità di una regolamentazione derivi proprio dal fatto che al momento una norma comunitaria che conformi su tal punto le discipline degli Stati membri non sus-sista ancora.

Così se nel Regno Unito fotografie di monumenti e opere d’arte in luoghi pubblici possono essere scattate e utilizzate come si vuole, di contro, per esempio in Francia, questa libertà è già ristretta. Ecco perché la Tour Eiffel può essere riprodotta nell’immagine non pure di notte. Anche in Italia poi il divieto di immortalare, anche in forma fotografica, per uso di-verso da quello privato opere d’arte o d’architettura contemporanea, il cui autore sia in vi-ta o non sia morto da più di settant’anni (dunque pressappoco ogni opera edificata negli ultimi cento anni), esiste. La normativa italiana sul diritto d’autore non contiene quindi al-cuna eccezione per le fotografie scattate in luogo pubblico.

Ebbene, questo gruppo di parlamentari europei, rappresentati dalla francese Jean-Marie Cavada, concordi e uniti nella difesa dei diritti proprietari, aveva ribaltato in pieno la pro-posta della eurodeputata tedesca Julia Reda, segretaria del Partito Pirata, nell’ambito della commissione Affari legali che ha in elaborazione un testo di indirizzo per riformare la le-gislazione europea in materia di copyright. Difatti il testo originario prevedeva la libertà di utilizzare fotografie, video o altre immagini di opere collocate permanentemente in luoghi pubblici. L’emendamento ne ha mutato il senso nell’esatto opposto: cioè prevedendo di sottoporre tale libertà di utilizzo a previe autorizzazioni rilasciate (prevedibilmente dietro pagamento) dagli autori o da chi abbia comunque in gestione il bene.

Riteniamo che un primissimo punto a destare perplessità riguardi proprio se la riproduzio-ne di una immagine dell’opera vada a toccare e a intaccare la sfera dei diritti della proprie-tà intellettuale. Seguendo la medesima linea argomentativa caldeggiata evidentemente da quel gruppo di parlamentari europei artefici del ribaltone, non vediamo allora, per iperbo-le, come possa o perché debba differenziarsi la riproduzione per così dire artigianale dell’opera, quella su supporto cartaceo, un disegno intendiamo, qualora poi venga venduto o venga semplicemente caricato su un sito web che contenga banner pubblicitari. Ed è chiaro a nostro avviso che una prospettiva siffatta finisca davvero per non essere sosteni-bile sotto il profilo proprio della necessità di un bilanciamento equilibrato dei diritti pro-prietari con la garanzia della libera manifestazione del pensiero dell’individuo.

Il diritto di proprietà intellettuale non significa questo: non dovrebbe cioè essere lo stru-mento per conseguire un arricchimento ulteriore. Per comprendere ciò, occorrerebbe recu-perare quel valore che vede nell’arricchimento culturale, morale per così dire, della co-munità sociale il senso d’essere stesso dell’opera esposta al pubblico. Un principio che, nell’impostazione disegnata da una parte del Parlamento europeo, parrebbe finire schiac-ciato in nome della interpretazione più bassa del diritto d’autore e di proprietà intellettua-le. Stabilire un sistema di autorizzazioni per la riproduzione delle opere e dei monumenti equivale a quantificare e quindi a degradare quel valore, che è poi pure indubbio principio di sostanza meta-giuridica, quello della bellezza artistica e culturale. Esporre un’opera al pubblico non significa certamente sottrarla poi alla libertà del suo occhio.

Eppure l’equivoco parrebbe tutto europeo. La ratio del diritto d’autore è quella di stimola-re e di sostenere la produzione di arte e di cultura artistica. E la predisposizione di un re-gime autorizzatorio finirebbe per essere prevedibilmente controproducente rispetto a que-sto scopo. Piuttosto sortirebbe infatti l’effetto di disincentivazione e di scoraggiamento verso la circolazione della produzione d’arte.

Questione ulteriore, fondamentale invero, è a questo punto se lo spazio pubblico sia da in-terpretare come bene comune. O, meglio, quale risorsa collettiva di cui ogni individuo debba poter fruire liberamente. Si tratta di un tema certamente politico. E però forse tal-mente, da risolversi nella propria stessa tautologia giuridica. Che quindi i luoghi pubblici configurino dimensione di libera fruizione collettiva, e intendiamo dire anche a scopo lu-crativo in senso lato, sarebbe solo punto di riflessione superflua. A essere invece dovuto evidentemente è allora un meccanismo di tutela giuridica, quale per l’appunto la previsio-ne a livello comunitario di un diritto di panorama. Che sia predisposto nella veste di diritto di libertà e quindi quale mera libertà positiva.

Contrariamente a quanto faceva l’emendamento bocciato a Strasburgo, va definito allora il significato della finalità commerciale. Non dovrebbero sorgere particolari difficoltà inter-pretative per l’utilizzo dell’immagine che si svolga offline. È invece in relazione all’utilizzo online che i contorni del concetto cominciano a sfumare, dal momento che di-pende dal contesto digitale in cui l’immagine viene introdotta. Pensiamo per esempio ai social network e ai blog che contengono inserzioni e campagne pubblicitarie. La pubblica-zione dell’immagine è in concreto utile a fini commerciali?

Né tutto quanto detto fino a questo punto preclude certamente le possibilità di ricerca di un punto di sintesi concreta tra la libertà di panorama e il diritto d’autore. Cioè l’elaborazione di un piano attuabile di equilibrio che esprima l’accordo tra i due interessi stessi, collettivo il primo, privato il secondo. E sta proprio nello scopo autentico della legi-slazione sul copyright che abbiamo detto prima: la circolazione della produzione artistica e la sua incentivazione. Riteniamo dunque che il bilanciamento possa aversi nella salva-guardia della libertà di panorama dell’individuo da un lato – intesa come preesistente si-tuazione soggettiva meritevole di protezione giuridica – e dall’altro lato nella previsione di momenti di compressione di tale libertà in ragione della tutela della proprietà intellet-tuale da scopi commerciali, da definirsi però in una chiave di significato stavolta non aperta, inclusiva al limite dell’indefinito, ma circoscritta e del tutto restrittiva. Si potrebbe per esempio stringere le ipotesi di scopo commerciale al solo uso pubblicitario.

A questo punto allora toccherà alla Commissione presentare una proposta entro la fine del 2015. Insieme alla tutela della freedom of panorama il documento presentato contiene pu-re altre previsioni che puntano a modernizzare il diritto di proprietà intellettuale in Euro-pa. E quella ottenuta per ora dalla europarlamentare Reda non può che apparire tuttavia come una vittoria del tutto parziale e compromissoria.

E così da un lato passa il diritto al prestito degli e-book, permettendo dunque ai centri di ricerca e alle biblioteche pubbliche il prestito di opere in formato digitale. Dall’altro, vie-ne rafforzata l’importanza della licenza territoriale soprattutto nel campo della produzione cinematografica e audiovisiva. E’ stata poi eliminata dalla prima versione del testo la co-siddetta libertà di link; ma è stata anche abolita l’idea che circolava in seno al Parlamento, di consentire all’editore web la tassazione di chi effettuasse un link ai suoi contenuti digi-tali. Ebbene, il documento in discussione a Strasburgo dimostra allora di aver perduto quella impostazione dalla quale era originariamente permeata, volta a riconoscere nell’assetto attuale della normativa sul diritto d’autore un impedimento allo sviluppo di forme innovative di business sulla Rete.

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