Nonciclopedia, Wikipedia, mamma mia portami via…

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Ci sono delle storie che, se raccontate ad esseri di un altro pianeta, provocherebbero senz’altro la più totale e dilagante ilarità. Direi che noi italiani, di queste storie, siamo abbastanza forniti; e a dirla tutta, non mi pare dobbiamo andare poi così lontano per attirare sentimenti di sottile ironia e derisione. E qui mi taccio, tanto l’uditorio certamente sa bene a cosa mi riferisco.

Lungi da me scadere nell’esercizio di moralismo armeggiando la spada tagliente del diritto, di cui sarei un presunto maneggiatore esperto, sia perchè c’è poco diritto da utilizzare come spada tagliente, sia perchè non c’è rimasta alcuna morale da difendere. Detto questo, i commenti dilaganti in rete in merito alle sortite auto-censorie di Nonciclopedia prima e Wikipedia poi, promosse in asserita e perniciosa polemica verso il contenuto del famigerato ddl intercettazioni (“Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”) in discussione tra le aule parlamentari, non mi hanno del tutto convinto. Anche perchè, sarò pure malizioso, ma davvero fatico a non intravedere i segni di una strategia o di un disegno comune. Insomma, provo a cimentarmi in alcune considerazioni, a mo’ di dissenting opinion.

 Comincio con uno stile che ha poco di giuridico e molto di sociologico.

Caso n. 1: Vasco Rossi lamenta la pubblicazione di contenuti diffamatori a pregiudizio della sua immagine sulla pagina a lui dedicata del sito satirico, emulo di Wikipedia, Nonciclopedia. Non sappiamo quali contenuti abbiano suscitato le ire del rocker modenese, ma di questo poco importa: piuttosto, si può condividere o meno l’iniziativa di una rockstar che se la prende con un sito satirico (Beppe Grillo una volta raccontò che l’ex ministro Gentiloni seguiva appassionatamente e interagiva con il suo blog, commentando ironicamente: “un politico che dibatte con un comico. Ma vi immaginate Gordon Brown che si rivolge a Mr. Bean?!”; fortunatamente (per lui), Vasco Rossi non è -ancora- assurto al rango di politico ma il paragone suona bene), vale a dire che la si può intendere o meno come un segnale “intimidatorio”, ma di certo la satira non legittima a priori ogni e qualsiasi forma di espressione. Beninteso, la tolleranza della satira è la cartina di tornasole della misura in cui uno Stato garantisce la libertà di espressione (watchdog, “cane da guardia del free speech”, così l’hanno definita). Ma anche la libertà di espressione conosce dei confini, e la satira pure in quanto suo esercizio. Morale della favola: Vasco Rossi poteva riderci (non è così facile al giorno d’oggi) o berci sopra (questo un po’ più facile), ma di certo il fatto di trovarsi di fronte a un sito a contenuto satirico non lo ha di per sè spogliato del diritto d’arrabbiarsi, e cioè di tutelare la sua immagine. Che poi si trattasse o meno di diffamazione, a noi poco importa: l’avrebbe deciso un giudice.

 Se così è (siete d’accordo?), mi sfugge quale ragione abbia spinto gli autori della Nonciclopedia (suvvia, chi non c’ha fatto una capatina almeno una volta..) ad auto-sospendere il proprio servizio in modo così eclatante e sensazionalistico. Quasi a voler rappresentare, ingigantendole volontariamente, le conseguenze di possibili strategie censorie.  Quasi a voler dire: se iniziano a querelarci, noi chiudiamo. Ma in tutta sincerità, da un sito satirico (peraltro di successo) lo avreste mai creduto?

 Caso n. 2. Dismetto il taglio più sociologico, senza però abbandonarlo, e calco la mano su quello giuridico. Parliamo di Wikipedia, che l’altra sera annuncia con un comunicato clamoroso di aver sospeso il proprio servizio, nascondendo milioni di pagine in essa disponibili in segno di protesta contro alcune norme contenute nel disegno di legge n. 1415-B, che ne minaccerebbero la neutralità, attributo tipico di Wikipedia in quanto prodotto di un nuovo processo di creazione della conoscenza che muove dal basso. Premesso che non sono poi così convinto dall’equazione user generated content=neutral content, vorrei osservare cosa dicono le norme contestate e poi cercare di capire ed interpretare la scelta di Wikipedia.

Detta reazione, si sostiene, sarebbe dovuta al timore dell’entrata in vigore della previsione affidata all’art. 29 del ddl intercettazioni, che modifica l’art. 8 della legge sulla stampa (legge n. 47 dell’8 febbraio 1948). L’art. 8 null’altro fa che stabilire, come si legge al c. 1, l’obbligo per il direttore o il responsabile di un quotidiano, periodico o agenzia di stampa, “di inserire gratuitamente le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affemrazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ai comma 2 e 3 la norma disciplina in dettaglio le modalità e la tempistica per la pubblicazione di tali dichiarazioni o rettifiche, differenziandole a seconda che siano interessati quotidiani o periodici.

E proprio in seno a questa disposizione il progetto di legge mirerebbe ad inserire un nuovo comma, dedicato, tra l’altro, ai “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, che istituisce l’obbligo di pubblicazione di dichiarazioni e rettifiche entro 48 ore dalla richiesta dell’interessato, “con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

In altri termini si estende ai siti Internet quanto già previsto per la carta stampata.

Un momento, però: ai siti Internet o “ai giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica” ?

Su questo punto, a mio avviso, si gioca tutta o buona parte della contesa. La lettera della norma che verrebbe inserita dal ddl intercettazioni include nel suo campo di applicazione i “siti informatici” e cita quotidiani e periodici online soltanto a titolo esemplificativo. Dunque, a prima vista, sembrerebbe che Wikipedia, in quanto enciclopedia online, e quindi sito informatico, rientri nell’ambito di applicazione della novella.

Il legislatore si è però dimenticato di un aspetto non secondario, che a mio avviso inficia gravemente la coerenza del progetto di normazione e lo vizia irrimediabilmente: la disciplina dettata dalla legge 47/1948 si riferisce esclusivamente a ciò che costituisce stampa o stampato, vale a dire, a mente dell’art. 1, “tutte le  riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”. Avete traccia di uno spiraglio per includervi i siti informatici? Io, francamente, no. Ma non è finita, perchè tra le maglie della legge figurano diverse norme confezionate ad hoc per giornali e periodici: per menzionarne due, l’art. 3, che fa obbligo di indicare un direttore responsabile e l’art. 5, che istituisce l’obbligo di registrazione. Nel bel mezzo di queste disposizioni spunta all’improvviso una norma che tocca i siti informatici. Ma quali? Quelli di giornali quotidiani e periodici, se proprio.

Infatti, l’unico esito interpretativo coerente con questa impostazione mi sembra questo: vada per estendere l’obbligo di rettifica a giornali e periodici online (del resto, dal cartaceo che differenze c’è?), ma rispetto agli altri siti informatici, la norma non sembra poter produrre le conseguenze di grande momento che Wikipedia vuole attribuirle.

Anche perchè un’evoluzione sul piano normativo in materia di stampa ed editoria, pur parziale, vi è stata: precisamente, l’art. 1 della l. 62 del 7 marzo 2001 fornisce la definizione di “prodotto editoriale”, per includervi “il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici”. Wikipedia ci rientra? A leggere la norma potrebbe sorgere il sospetto, ma il contesto nel quale è inserita (disposizioni in materia proprietaria e interventi per lo sviluppo dell’editoria) depone decisamente a sfavore.

Ma anche volendo fare affidamento su questa disposizione, e su un magico quanto risolutivo collegamento con la legge sulla stampa (a modi di interpretazione adeguatrice), la costruzione non regge comunque perchè il c. 3 dell’art. 1 indica espressamente quali norme della legge sulla stampa si applicano al prodotto editoriale, e fra queste non rientra l’art. 8. E allora, viene da dire, se proprio volete passare per prodotto editoriale Wikipedia, e se proprio volete sottoporla agli obblighi di rettifica, per favore emendate questa legge. Altrimenti, tutto si risolve in una bolla di sapone.

Ciò posto, non condivido un’acca di quanto espone Wikipedia.

Primo, se anche un obbligo di rettifica venisse introdotto per i siti Internet (giammai!), non vedo perchè dovrebbe seguire modalità differenti da quelle indicate per i periodici e i giornali: e cioè perchè non dovrebbe dipendere anch’essa dalla valutazione circa la lesività dei contenuti da parte della persona interessata, aspetto che tanto inquieta i gestori di Wikipedia, che rimane un’enciclopedia, e non uno spazio d’opinione. Se queste modalità, cioè, sono state ritenute ammissibili nell’ottica di un bilanciamento fra opposte esigenze che coinvolge l’art. 21, che tutela la libertà di stampa, non vedo come non potrebbe farsi altrettanto rispetto al diritto di diffondere informazioni su Internet, che ne è, alla fine, una proiezione tecnologica.

Secondo, e qui mi viene da sorridere un po’: Wikipedia ricorda che già i cittadini ricevono tutela contro attribuzioni non veritiere in base all’art. 595 c.p., che disciplina il reato di diffamazione. Ma questo dovrebbe esimere un sito (a prescindere dalla qualificazione quale periodico, quotidiano o mero sito di informazione) dal provvedere ad una rettifica? A me non sembra, semmai lascio a voi crederlo…

 Tutto ciò per dire una sola cosa: troppo rumore per nulla. Di criticità il ddl intercettazioni offre copiosi esempi. Sul punto contestato da Wikipedia, tuttavia, fermi i rilievi svolti sopra, mi pare si sia ecceduto nel conferire enfasi ad un pericolo non così attuale come paventato.

Anche qui, si è sospeso l’accesso a un sito paventando possibili conseguenze dirette a colpire la neutralità di Wikipedia: ma il concetto di verità e neutralità a me paiono non solo potersi ma doversi conciliare. Dunque, che c’è da temere? Mi pare che anche stavolta il sensazionalismo abbia prevalso su una considerazione ponderata dei reali pericoli insiti nel disegno di legge, che incide sì, sotto altri profili, in modo significativamente pregiudizievole sul diritto di informazione. Ma non, ad avviso di chi scrive, sotto i profili indicati dagli autori di Wikipedia.

 E dunque, cosa ci rimane tra le mani da questi due esempi?

L’effetto che si è prodotto è stato, nel primo caso, aizzare i fan della Nonciclopedia contro i fan di Vasco, impegnandoli in una vera e propria crociata gli uni contro gli altri. Se invece ci si fosse spogliati dei panni dei partigiani di Vasco o della Nonciclopedia, forse si sarebbe sentito parlare più di diritti e meno di insulti. Il risultato, alla fine, è stato assistere all’uso, da parte degli appassionati seguaci della Nonciclopedia di toni non proprio lusinghieri nei confronti di Vasco Rossi e dei suoi sostenitori. Una colpevolizzazione non voluta dagli autori del sito, ma conseguita di necessità alla loro sortita data la partigianeria degli utenti (quando si parla di popolo bue, qualcuno forse c’azzecca).

Secondo caso: si è ottenuto un risultanto eclatante, cioè inferocire milioni di utenti che fruiscono quotidianamente per le finalità più varie di Wikipedia. Con l’obiettivo di sensibilizzare l’utenza rispetto ad un’iniziativa legislativa avvertita, erroneamente, come minacciosa. Risultato: utenti contro la legge “bavaglio”, ma per profili che con il vero e proprio “bavaglio” c’entrano solo in parte, e poco. Insomma, confusione totale, qualunquismo esasperato, enciclopedia chiusa e petizioni che crescono come funghi sul web. Scommetto il chilo di mozzarella campana che mi deve un professore di Salerno che a giorni (forse a ore) Wikipedia riaprirà. E allora sarà tutto più o meno come prima: avremo fatto rumore, avremo “protestato”, e saremo convinti di aver anche vinto.

 Lasciatemi dire: che tristezza. L’impressione è, me lo si permetta, che la qualità del dibattito e del confronto dialettico, martoriate dal cattivo esempio della politica, sia scaduta, e che basti alzare la voce più degli altri, nel caos generale, per ottenere ascolto e guadagnare consenso, senza che preceda un ragionato esame delle proprie posizioni da parte dall’uditorio. Non proprio una cosa di cui andare fieri, nel terzo millennio. Ma del resto, che volete? Siamo italiani, mica gente perbene.

 P.S. Dopo aver raccontato come la penso, mi aspetto di vedermi a breve dedicata una pagina sulla Nonciclopedia che narri che scrivo articoli bellissimi (ovviamente, altrimenti che satira sarebbe?). Per averne una su Wikipedia, invece, ammesso che e quando riaprirà, c’è tempo. Nel frattempo facciamoci una risata che è meglio.

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About Author

Marco holds a PhD in Constitutional and European Law from the University of Verona (2016) and is a qualified lawyer in Milan (2013). He is an Emile Noël at the Jean Monnet Center for International and Regional Economic Law & Justice - New York University (School of Law). In 2010 he got his degree in Law (magna cum laude) from Bocconi University, Milan. He has been a visiting researcher at the Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law in Heidelberg (2012) and at the Max Planck Institute for Foreign and International Criminal Law in Freiburg im Breisgau (2012). His research interests include Constitutional Law, Information and Communication Law and EU Law.

6 Comments

  1. oreste pollicino on

    Post da fare adottare come lettura obbligatoria agli studenti del diritto dell’informazione, per riequilibrare la loro indigestione, da giornali e campioni della freedom of expression, di semplificazioni e strumentalizzazioni intorno alla libertà di espressione sul web. Prova della bonta dell’articolo sarà il fastidio che procurerà in certi ambienti…

  2. Bravo Marco,
    anche io ieri ho avuto la stessa impressione con la disamina delle leggi “incriminate”. sicuramente il provvedimento così come era formulato era molto pericolosono per il diritto alla libera manifestazione del pensiero, imponendo a chiunque (nella genericissima accezione di “siti internet”) di dover rettificare indistintamente qualcosa perchè “così non piace”.
    Ma non capivo e non capisco perchè wikipedia si sia “arrogata” il diritto ad essere il target primario. NOn lo sarebbe stato, in ogni caso. Ma il polverone mediatico che ne è seguito è stato enorme. E se girdare “al lupo” ” al lupo” avrà gli effetti che la fiaba insegna?

  3. Marco Bassini on

    Come volevasi dimostrare, Wikipedia è tornata online.
    Grazie Oreste, speriamo davvero che sempre più ci si orienti a studiare il diritto, e poi ad esaminare (ed eventualmente sposare o dissentire) i commenti.
    Grazie a te Barbara, ho apprezzato il tuo pezzo di ieri e quoto in pieno il tuo pensiero: del resto, ora che è di nuovo accessibile, possiamo valutare appieno quanto questa iniziativa, pur “tesa esclusivamente alla salvaguardia di un sapere libero e neutrale”, sia stata impropria e inopportuna. Mettiamola così: il legislatore le combina grosse, ma non diamogli una mano.
    E grazie infine ai 27 (il ventottesimo sono io) lettori che hanno “likato” questo pezzo: vuol dire che cercare di non essere scontati, al giorno d’oggi, forse vale ancora.
    M.

  4. Ti ringrazio sentitamente per questo articolo.
    Fino ad ora non ero riuscita a leggere nulla che spiegasse correttamente come stanno le cose.
    Apprezzo molto il fatto che una persona, evidentemente, preparata cerchi di far aprire gli occhi ad altri sulla reale situazione. Purtroppo, come bene è stato sottolineato, in Italia si fa troppo rumore per nulla e non se ne fa per i problemi più concreti e più seri.
    Da giurista neolaureanda e collega Bocconiana…grazie e complimenti!

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