La nuova legal challengedi Uber: l’impugnazione dei licenziamenti robotici da parte dei drivers

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È della scorsa settimana la notizia: ADCU (App drivers & Couriers Union – tradotto l’Unione dei corrieri e degli autisti di App), in rappresentanza degli autisti di Uber, ha agito per vie giudiziali nei confronti dell’azienda più famosa nel settore automobilistico privato, per aver licenziato i drivers, attraverso l’utilizzo di un sistema automatizzato. Il licenziamento, detto anche robotico, posto in essere da Uber non rispetterebbe il diritto dell’interessato a non essere sottoposto a una decisione che sia basata unicamente su un trattamento automatizzato, senza alcun intervento da parte dell’uomo.

Non è la prima volta che Uber cade nell’occhio del ciclone per l’utilizzo di particolari modalità di comunicazione: già nel maggio scorso, era stata organizzata una teleconferenza su Zoom dalla durata di qualche minuto durante la quale veniva comunicato il licenziamento a circa 3.500 drivers.

In particolare, il recente caso riguarderebbe l’utilizzo di un algoritmo che permette il tracciamento delle frodi commesse da parte dei conducenti. Una volta accertata l’illecita attività, il conducente è eliminato dall’App, e quindi, difatti, licenziato. ADCU, inoltre, evidenzia che dal 2018 si sono registrati numerosi casi in cui i conducenti sono stati accusati ingiustamente di condurre attività fraudolente ed hanno subito il licenziamento, senza alcuna facoltà di appello.

È quindi palese che la decisione automatizzata produca significativi effetti giuridici sul lavoratore, il quale non è posto nella posizione di potersi opporre all’esclusione dall’Applicazione e al conseguente licenziamento.

Inoltre, gli Uber Drivers, rappresentati da ADCU in giudizio, oltre a rivendicare il diritto di opporsi al licenziamento, contestano il mancato intervento umano nel processo decisionale automatizzato – invece, sostenuto da parte di Uber, che afferma che vi sia un controllo preventivo all’esclusione dall’app condotto da un team di specialisti.

Al di là delle posizioni sostenute dalle parti che vedranno scontrarsi in sede giudiziale, ciò che in questa sede interessa è l’evidente utilizzo di un sistema automatizzato con il quale avviene il licenziamento “robotico” del dipendente e l’analisi delle implicazioni in ambito di protezione dei dati personali.

In particolare, l’articolo 22 del Regolamento UE 2016/679 prevede infatti che “l’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona”.

In aggiunta al paragrafo 2, si precisa che la decisione basata unicamente su processo automatizzato può tuttavia avvenire solo in determinati casi, ossia: nella circostanza in cui sia necessaria per la conclusione o esecuzione di un contratto tra interessato e titolare del trattamento; qualora sia autorizzata dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento e che inoltre la stessa precisi misure adeguate a tutela dei diritti, delle libertà e dei legittimi interessi dell’interessato; nel caso in cui la base sia quella del consenso esplicito dell’interessato.

Ad ogni modo, così come meglio previsto dal Considerando n. 71, il titolare del trattamento deve – nel caso in cui la decisione sia necessaria per l’esecuzione o conclusione del contratto oppure sia basata sul consenso esplicito dell’interessato – adottare le misure adeguate a proteggere i diritti, interessi e libertà dell’individuo. In particolare, l’interessato deve almeno aver il diritto di ottenere l’intervento umano da parte del titolare del trattamento, così da non essere affidato totalmente ad una decisione automatizzata.

È altresì interessante riportare alcune considerazioni in ordine all’applicabilità concreta dell’articolo, che possono esser ritenute illuminanti per il caso di specie.

In particolare, una precisione rilevante circa l’interpretazione dell’ “unicamente” del paragrafo 1 dell’art. 22 è arrivata dell’ICO (UK Information Commissioner’s Office). L’avverbio non solo si riferirebbe a quei processi in cui l’essere umano è totalmente escluso, ma anche a quelli in cui non vi sia un’influenza reale dello stesso sulla decisione e sul suo esito. Altre puntualizzazioni sono contenute nelle Linee Guida in materia di processi decisionali automatizzati e profilazione (WP251)del Gruppo di Lavoro Articolo 29 sull’interpretazione delle deroghe al paragrafo 2.  Si è chiarito che nel caso in cui la decisione è necessaria per l’esecuzione o la conclusione di un contratto, il titolare del trattamento deve essere in grado di dimostrare che la decisione è necessaria in quanto non sono disponibili altri mezzi diversi e meno invasivi. Inoltre, anche qualora si rientrasse all’interno di una delle deroghe previste al paragrafo 2 dell’art. 22, è ad ogni modo necessaria l’implementazione da parte del titolare del trattamento di misure appropriate volte a tutelare i diritti, le libertà e i legittimi interessi dell’individuo. Pertanto, al fine di esercitare i propri diritti, è fondamentale che l’interessato riceva informativa circa l’utilizzo del sistema automatizzato utilizzato e sulla logica di funzionamento dello stesso.

Seppur da queste prime riflessioni sembrerebbe chiaro quale potrebbe essere il potenziale esito della vicenda, si attende la pronuncia dei giudici olandesi, la quale certamente rappresenterà un precedente di assoluta importanza.

 

 

 

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