L’AGCOM ascolta e si prepara ad intervenire, l’AGCM segnala: Autorità convergenti su Internet. Parlamento? Non pervenuto.

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24 maggio 2013 giornata da ricordare per il mondo dell’Internet italiano.

Primo atto.

Il primo atto si consuma nelle aule di una Camera dei deputati, desolatamente priva di deputati probabilmente impegnati nelle ultime ore dell’ennesima campagna elettorale, ma occupata da stakeholder, studiosi, accademici, avvocati, esperti, regolatori. Tutti riuniti dall’AGCOM per discutere su “Il diritto d’autore online: modelli a confronto” .

Occasione nella quale l’Autorità ha ufficializzato la propria intenzione, già manifestata a più riprese nelle scorse settimane, di riprendere con vigore il cammino intrapreso un paio d’anni fa con ‘intento di emanare un regolamento, atteso per l’estate, che introduca da un lato misure di enforcement del diritto d’autore in rete (notice&takedown amministrata dall’AGCOM) e che sappia dall’altro favorire l’ampliamento dell’offerta legale.

Il dibattito è stato interessante e denso di momenti di riflessione. Di particolare interesse gli spunti derivanti dalle esperienze maturate in altri paesi europei, le proposte in termini di allargamento dell’offerta legale di contenuti come più efficace disincentivo alla pirateria online e l’attenzione rivolta al ruolo che l’educazione all’uso delle nuove tecnologie deve rivestire in ogni ipotesi di futura regolazione. In un paese come il nostro nel quale il digital divide va colmato non solo in termini infrastrutturali con un ampliamento dell’accesso alla banda larga ma anche, e soprattutto, in termini educativi e culturali a tutti i livelli.

Non sono mancati certo gli opposti estremisti seppur edulcorati dalla cornice istituzionale e da quello strano senso di ecumenismo che si respira nei palazzi della città eterna.

Tra chi ripeteva, come un mantra, la triade di norme (182 bis LDA, 32 bis TUSMA, D.lgs. 70/2003) che legittimerebbero un intervento regolatorio dell’AGCOM nel settore – quasi a voler esorcizzare quello che appare uno dei più grandi ostacoli che si frappongono, a legislazione invariata, al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi dell’Authority – chi auspicava i più vari interventi officiosi dell’Autorità (dal blocco di siti esteri al controllo d’ufficio di attività e dei contenuti ospitati dagli ISP) e chi, da una diversa prospettiva, rilevava il quadro sufficientemente garantista dell’attuale regolamentazione seppur cristallizzata alla realtà di internet del 2003, con chi, infine, rilevava come un livello fisiologico di pirateria sia necessario per lo sviluppo dell’internet economy.

Mancavano i pasdaran della “libertà della rete” senza se e senza ma ( qualunque cosa voglia dire), e diciamolo, questo non è necessariamente un male nel complesso dibattito in corso.

Vedremo se ed quali termini l’AGCOM riterrà di intervenire e se i 15 saggi chiamati a confortare i propositi regolatori dell’autorità sapranno sciogliere i nodi, di non poco momento, che avevano indotto la passata consiliatura a tirare i remi in barca dopo due anni di dibattito e due consultazioni pubbliche sul tema.

Secondo atto.

Mentre si chiudevano i lavori alla Camera, neanche il tempo di tornare alle proprie ordinarie occupazioni che, con singolare tempismo l’AGCM pubblicava sul proprio sito istituzionale una segnalazione rivolta a Parlamento e Governo ”in merito alla tutela dei contenuti editoriali su internet”.

Quasi a voler dare marcare il proprio ruolo dando una rappresentazione plastica del dialogo con AGCOM suggellato, a livello istituzionale, dal protocollo d’intesa siglato tra le due autorità qualche giorno fa’ (A proposito, a quando una vera cabina di regia su internet tra le tre autorità -includendo il Garante privacy – che a vario titolo ed in diversa misura ne hanno competenza?).

Un po’ di background.

La segnalazione dell’AGCM si inserisce in un dibattito da tempo in corso a livello UE, in vari stati europei ed anche in Italia, sullo sfruttamento dei contenuti editoriali in rete e sulle modalità e le forme di remunerazione da riconoscere agli editori.

Nel nostro paese la FIEG è da tempo in prima linea sul tema.

Nel luglio del 2012 ha lanciato l’iniziativa Repertorio Promopress. Una licenza generale rilasciata dai principali editori di quotidiani e periodici al fine di consentire l’utilizzazione degli articoli nell’ambito dei servizi di rassegna stampa. L’adesione alla licenza è rivolta “[…] ad ogni soggetto interessato, sia tra gli editori sia tra le società che forniscono rassegne stampa, indipendentemente dall’appartenenza ad una associazione di rappresentanza”. Dopo il lancio del Repertorio, la FIEG ha avviato una campagna stampa particolarmente serrata che ha riguardato, in particolare, la diffusione di contenuti editoriali online anche sulla base dell’esperienza degli editori belgi che fin dal 2006 hanno avviato iniziative giudiziarie contro Google nella litigation Copiepress e francesi .

Un importante traguardo è stato raggiunto dalla FIEG nel dicembre 2012 allorquando ha concluso un accordo con Camera e Senato. L’accordo prevede “La interruzione della pubblicazione sui rispettivi siti internet degli articoli di giornali e l’impegno assunto da ambedue le Istituzioni di verificare la effettiva titolarità, in capo alle società ed agenzie di rassegne stampa, dei diritti di riproduzione e di utilizzazione economica dei prodotti editoriali da esse forniti” ed anche l’AGCOM ha recentemente annullato la procedura di gara per la fornitura del proprio servizio di rassegna stampa telematica e provveduto a riformulare gli atti “tenendo conto della necessità di una esplicita previsione circa il possesso, da parte dei partecipanti, della piena titolarità dei diritti di riproduzione e utilizzazione economica dei prodotti editoriali oggetto della rassegna conformemente alla disposizioni applicabili in materia di tutela del diritto d’autore”.

La segnalazione AGCM.

La segnalazione si inserisce in questo quadro ed in maniera estremamente lucida e senza alcuna indulgenza nei confronti dei vari attori interessati, propone all’attenzione dei decisori politici (ebbene si il Parlamento che ancora dovrebbe e potrebbe avere un ruolo in questo dibattito) un tema complesso che si interseca inevitabilmente con le proposte targate AGCOM.

La tutela dei contenuti editoriali online (produzione di contenuti informativi online e loro utilizzo da parte degli operatori attivi sulla rete) viene considerata da AGCM come una delle aree nelle quali l’intervento “appare indispensabile”, nella consapevolezza che lo sfruttamento dei contenuti senza adeguate forme di remunerazione possa costituire “[…] un disincentivo alla produzione ed elaborazione di contenuti informativi a livello socialmente desiderabile”.

Su questo dato davvero non si può non essere d’accordo. Il problema è comprendere la strada attraverso cui pervenire ad un bilanciamento adeguato dei diversi interessi in gioco (remunerazione da riconoscere agli editori, diritto all’informazione degli utenti, libertà di impresa degli internet provider).

E l’AGCM propone una strada, tra le varie possibili.

Secondo l’Autorità la soluzione alla francese (leggasi accordo Google-editori) non appare pienamente compatibile con i principi concorrenziali e non si presta ad essere utilizzata “in termini sistemici e strutturati”.

L’AGCM propone una soluzione alternativa che passa attraverso un “[…] intervento sulla disciplina della proprietà intellettuale, finalizzato a introdurre una forma di remunerazione per gli editori per le attività che vanno ad alimentare i servizi di diffusione delle informazioni sulla rete”.

Intervento che, secondo l’AGCM, deve tenere conto dell’interesse pubblico alla diffusione della conoscenza ed inquadrarsi in una cornice auspicabilmente sovranazionale (in considerazione della naturale transnazionalità della rete).

E il Parlamento?

Intervento che spetta al Parlamento ed alla politica da troppo tempo silente.

I tempi sembrano propizi perché un Parlamento che vede una significativa rappresentanza di un partito nato dalla rete e che attraverso la rete ha raggiunto il25% dei consensi, che annovera tra i propri membri autorevoli esponenti del mondo digitale in tutti gli schieramenti, che ha bisogno di riscoprire il proprio ruolo guida in un settore caratterizzato da un marcato protagonismo delle autorità indipendenti, inserisca nella propria agenda un digital economy act in salsa tricolore (nel senso migliore del termine) che sappia ridare vigore a quell’Agenda digitale italiana che, forse troppo ambiziosa, rischia di rimanere solo sulla carta.

Gli ambiti di intervento potrebbero essere almeno quattro: 1) chiara definizione delle competenze e dei poteri delle varie autorità indipendenti coinvolte alla luce di quanto previsto dal D.lgs. 70/2003; 2) ridefinizione della disciplina attuale della proprietà intellettuale in rete sfruttando tutte le potenzialità della direttiva 2001/29; 3) alfabetizzazione digitale; 4) interventi sulla fiscalità in chiave non solo repressiva/di controllo (in proposito si segnala il magistrale intervento di Guido Rossi sul Sole di oggi) ma anche espansiva in un’ottica attrattiva di investimenti.

Terzo atto

Vedremo. E intanto ci prepariamo al terzo atto.

Già perché il prossimo mercoledì 29 maggio in AGCM si discuterà di “Tutela del pluralismo nell’epoca di Internet”.

Altro tema che dalla riflessione degli esperti deve passare alla fase della decisione e dell’intervento per fermare il processo in atto che vede il nostro Paese sempre più ai margini del nuovo mondo generato da internet.

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