Il domain grabbing e le pratiche commerciali sleali. Non è solo una questione di biliardi

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  1. 1. Introduzione

Con il provvedimento n. 23967 del 9 ottobre scorso (pubblicato sul bollettino ufficiale n. 41 del 29 ottobre) l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha stabilito che la registrazione di un nome di dominio corrispondente ad un marchio registrato o ad un altro titolo di proprietà intellettuale di proprietà di terzi può costituire una pratica commerciale sleale, come tale sanzionata dalle vigenti disposizioni contenute nel Codice del Consumo.

Il principio espresso dall’Autorità Antitrust segna un momento senza dubbio significativo nel già imponente corpus di decisioni assunte dall’AGCM in questi anni in materia di pratiche commerciali scorrette almeno per due ordini di ragioni.

Da un lato, perché il provvedimento interviene in una fattispecie tradizionalmente caratterizzata da un rilievo meramente privatistico attraverso l’individuazione e la valorizzazione del generico interesse di tutela dei consumatori, senza dubbio inciso da ogni pratica che si dimostri lesiva di diritti di proprietà intellettuale o industriale.

Sotto altro e concorrente profilo, perché il provvedimento in parola introduce di fatto un procedimento di natura “pubblicistica” che si affianca ai rimedi civilistici riconosciuti dall’ordinamento per l’ipotesi di illegittima registrazione di un titolo di proprietà industriale come nome di dominio.

Procedimento meno formalizzato, più rapido e complessivamente dotato di un maggiore grado di effettività rispetto agli ordinari rimedi stragiudiziali e giudiziali di contrasto al domain grabbing.

Il recente provvedimento rappresenta, pertanto, uno slancio in avanti da parte dell’Autorità Antitrust che non mancherà di suscitare un ampio dibattito, tra addetti ai lavori e non, soprattutto con riferimento all’ontologica vis expansiva di cui è dotato il principio espresso dall’AGCM la cui applicazione risulta espandibile, almeno in linea teorica, alla repressione di qualsiasi condotta che possa costituire una lesione di un diritto di proprietà intellettuale o industriale altrui come tale idonea a produrre conseguenze dirette o indirette sugli interessi dei consumatori potenzialmente interessati.

  1. 2. Fatto e decisione dell’AGCM

La fattispecie sottoposta all’attenzione dell’Autorità presenta i caratteri tipici dell’accaparramento illegittimo di un nome di dominio corrispondente all’altrui marchio o altro segno distintivo tutelato.

Il signor Giancarlo Cavicchi titolare dell’impresa individuale Biliardi Cavicchi (“Cavicchi”) produttrice e distributrice di biliardi da arredamento, nel settembre del 2010 acquista il dominio www.biliardimari.it (“dominio”) corrispondente al marchio depositato nel 2004 e registrato nel 2008 dalla Biliardi Mari (“Mari”), società concorrente della Cavicchi che nel 2010 risultava sostanzialmente inattiva essendo sottoposta ad una procedura concorsuale.

La Cavicchi ha utilizzato il dominio e, per quanto consta allo scrivente, continua ad utilizzarlo semplicemente per effettuare un redirect al proprio sito web www.biliardi-cavicchi.it.

Fino all’apertura del procedimento dell’AGCM il redirect veniva effettuato verso la home page del sito della Cavicchi mentre nel corso del procedimento anche per esigenze difensive la Cavicchi ha modificato il ridirezionamento verso una pagina del proprio sito nella quale vengono proposti in vendita biliardi usati di varie marche, tra cui anche qualche biliardi della Mari.

A fronte di tale illegittima registrazione del dominio la società Restaldi S.rl. ( Restaldi”) che aveva medio tempore acquisito la titolarità del marchio Mari ha presentato una segnalazione all’AGCM nell’aprile 2012 denunciando la condotta della concorrente. Dal provvedimento non è dato rilevare se la Restaldi abbia attivato le consuete procedure per la riassegnazione del dominio innanzi al NIC o all’autorità giudiziaria ordinaria.

L’Autorità ricevuta la segnalazione ha avviato un’istruttoria anche avvalendosi del supporto investigativo del Nucleo speciale tutela dei mercati della Guardia di Finanza.

L’istruttoria dell’Autorità ha accertato che:

  • la segnalazione della Restaldi risultava fondata quanto alla registrazione del dominio ed al redirect operato verso il sito della Cavicchi;
  • digitando sul motore di ricerca le stringhe “Biliardi Mari” o “Bigliardi Mari” il primo risultato della ricerca naturale era il sito della Cavicchi  mentre il sito della Mari appariva solo in fondo alla prima pagina dei risultati di ricerca;
  • il sito della Cavicchi nel 2011 aveva registrato 83.165 accessi di cui solo 60 rinvenienti dal redirect effettuato dal dominio.

Sulla base dei dati emersi nel corso dell’istruttoria l’Autorità ha ritenuto che il comportamento assunto dalla Cavicchi, consistente nell’illegittima registrazione del dominio corrispondente la marchio della Mari, costituisca una pratica commerciale ingannevole nella misura in cui risulti la stessa:

1)      risulta idonea a “[…] indurre il consumatore in errore circa i diritti di proprietà industriale del professionista e la specifica origine del prodotto” – secondo l’Autorità, infatti, “[…]a far data dal mese di settembre del 2010, tutti i consumatori interessati a visionare on line i prodotti della società Biliardi Mari sono stati indirizzati al sito del professionista potendo quindi ragionevolmente ritenere che l’impresa Biliardi Cavicchi avesse acquisito il marchio e i prodotti della Mari”. Peraltro, sempre nell’opinione dell’AGCM, la circostanza che l’utilizzo di un marchio altrui quale nome di dominio possa essere idonea a trarre in inganno i consumatori risulterebbe avvalorata dal tenore letterale dell’articolo 22 del Codice della Proprietà Industriale (D. Lgs. 10 febbraio 2005, n.30) che nel vietare di fare uso dell’altrui segno distintivo come nome di dominio menziona il rischio di associazione/confusione tra segni tra il pubblico come elemento idoneo a giustificare tale divieto.

2)      risulta contraria alla diligenza professionale proprio in quanto posta in essere in violazione del disposto di cui all’articolo 22 citato.

Tali conclusioni cui è pervenuta l’Autorità non sono state scalfite nemmeno dal parere reso dall’AGCOM che aveva ritenuto la pratica di cui sopra non idonea ad indurre in errore i consumatori valorizzando la circostanza che il sito della Cavicchi, ed in particolare la pagina cui in un secondo momento si è riferito il redirect, mostrava effettivamente prodotti della Mari venduti come usati dalla concorrente.

Tale argomentazione, così come simili argomentazioni portate a sostegno delle proprie difese da parte della Cavicchi, non sono state ritenute meritevoli di accoglimento da parte dell’AGCM che, all’esito dell’istruttoria, ha irrogato a carico di quest’ultima una sanzione pecuniaria pari ad EURO10.000,00 ordinando di cessare la pratica scorretta (di fatto, disattivando il redirect effettuato tramite il dominio).

  1. 3. Considerazioni conclusive

La decisione dell’Autorità segna, senza dubbio, una significativa evoluzione nell’ambito delle competenze in materia di tutela dei consumatori istituzionalmente affidate alla stessa.

La valorizzazione degli interessi dei consumatori coinvolti in pratiche lesive dei diritti di proprietà intellettuale o industriale di terzi operata dall’AGCM apre, quindi, la strada verso una nuova procedura, per così dire “pubblicistica”, di contrasto al fenomeno del domain grabbing.

Con la procedura per pratiche commerciali sleali innanzi all’AGCM, in un’ipotesi come quella oggetto  dell’odierno provvedimento, si possono conseguire effetti di indubbio rilievo sopportando costi inferiori ed in maniera più rapida rispetto ad un procedimento innanzi al NIC o all’autorità giudiziaria ordinaria.

Si può contare sull’effetto reputazionale sortito a carico di un concorrente da un provvedimento di condanna dell’Antitrust e, peraltro, su un piano squisitamente probatorio, il segnalante vittorioso potrà contare sugli elementi di prova acquisiti dall’Autorità avvalendosi dell’ausilio delle diverse forze di polizia competenti nell’ambito di un eventuale procedimento civile da esperire a valle della decisione dell’Antitrust per richiedere il risarcimento dell’eventuale danno che dovesse conseguire dall’illegittimo comportamento di controparte.

L’apertura dell’Antitrust sul nuovo fronte di tutela inaugurato con la recente decisione appare significativa anche perché il principio espresso appare estensibile a qualsivoglia violazione di un diritto di proprietà intellettuale o industriale altrui o ad illeciti tipici dei rapporti tra imprese sul mercato (quali ad esempio, le fattispecie di concorrenza sleale) che coinvolgano o incidano, seppur in via indiretta ed anche in termini meramente potenziali, sugli interessi dei consumatori.

In tale direzione non farebbe meraviglia che l’AGCM, applicando il principio espresso nella recente decisione, possa considerare in un prossimo futuro quale pratica commerciale sleale l’utilizzazione dell’altrui marchio come parola chiave per il servizio Adwords utilizzato per pubblicizzare servizi o prodotti simili a quelli offerti dal titolare del marchio o che possa qualificare come pratica commerciale sleale una qualsivoglia condotta qualificabile come di concorrenza sleale, a condizione che la stessa risulta idonea, anche in termini meramente potenziali, ad incidere sui diritti e gli interessi economici dei consumatori.

In conclusione una domanda è d’obbligo: siamo proprio certi che tale auto-ampliamento dell’ambito di competenza dell’Antitrust in nome delle ragioni di tutela dei consumatori sia un bene per la tenuta complessiva del sistema di tutele e garanzie riconosciute dal nostro ordinamento?

Per chi fosse interessato ad approfondire, il testo del provvedimento emanato dall’Autorità è disponibile al seguente link:http://www.oppic.it/index.php?option=com_docman&task=doc_details&gid=480&Itemid=60

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