I tradizionali rimedi del diritto sono adeguati all’era d’internet?

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Il presente contributo a firma del prof. Vincenzo Zeno Zencovich viene ripubblicato nell’ambito della collaborazione editoriale tra Medialaws e Key4Biz. L’articolo è disponibile nella versione originale a questo link

Il costante incremento delle attività umane sulle reti di comunicazione elettronica e la crescente dipendenza sociale da esse porta il giurista a riflettere sugli effetti che ciò può avere sulla dimensione remediale del diritto. E’ di evidente comprensione che se il diritto non è in grado di offrire rimedi appropriati e adeguati, esso rimane mera enunciazione verbale.
Per il civilista e il processual-civilista le implicazioni sono ovvie: come si atteggiano i millenari rimedi dell’accertamento, della condanna, della restituzione, della esecuzione, con riferimento a un mondo caratterizzato dalla immaterialità?

La rete va, dunque, vista sia come “luogo” del rimedio, ma anche come “strumento” del rimedio. E inevitabilmente – nella misura in cui il rimedio è quasi sempre indissolubilmente legato al momento giudiziario – ciò chiama in causa i poteri del giudice, la tipicità o atipicità dei suoi interventi, la necessità di interventi normativi adeguatori. Il caso di maggiore rilievo nell’ultimo decennio è rappresentato dalla tutela della proprietà industriale e intellettuale, i cui beni sono naturalmente vocati alla digitalizzazione e dunque, oggi, esistono principalmente sulla rete. La fitta rete di rimedi pensata per un mondo materiale, dai confini territoriali ben definiti, deve confrontarsi con l’immaterialità e l’ubiquità. La crisi del diritto d’autore è, oggi, legata in maniera significativa alla estrema difficoltà nell’individuare ed applicare risposte idonee a assicurare il ripristino del diritto violato e la inibizione di violazioni future.

Non minori problemi si pongono nel contesto penalistico: non solo reati “a mezzo della rete” e “di rete” ma esigenza di interventi cautelari volti ad impedire la prosecuzione di reati, acquisire le prove, rimuovere gli effetti lesivi. Qui il principio di legalità ha imposto interventi legislativi specifici, la cui appropriatezza è, però, oggetto di discussione. Al tempo stesso, però, l’immediatezza degli illeciti commessi sulla o attraverso la rete fa toccare con mano l’inesorabile divario temporale fra azione e risposta, costringendo a ricorrere a strumenti assai poco compatibili con le tradizionali procedure giudiziarie, giustamente garantiste, che toccano la persona e il patrimonio.

Come pure l’amministrazione digitale, sempre più presente, pone agli studiosi del diritto e del processo amministrativo l’esigenza di adattare schemi distillati nel corso dell’ultimo secolo, ma che solo da poco hanno trovato un precipitato ordinamentale.

Su tutto ciò, però, incombe una generale valutazione di compatibilità costituzionale: nella sua versatilità la rete non è solo il luogo o il mezzo ove, o attraverso il quale, si compiono illeciti e reati, e che quindi sollecita rimedi specifici, ma ormai e in primo luogo lo strumento della diffusione del pensiero, di comunicazione interpersonale, di raccolta e conservazione di dati personali, di aggregazione sociale e politica, domicilio virtuale di quasi tutti i consociati. Ogni intervento coercitivo sulla rete deve necessariamente fare i conti con la coesistenza di altri, e spesso preminenti, valori, imponendo un attento bilanciamento.

Nel ricordo del magistero di Vittorio Frosini, il quale ha sempre saputo anticipare, anche di decenni, problematiche di straordinaria attualità, l’incontro del 22 febbraio 2013 vuole avviare una riflessione su un tema che sarà sempre più al centro del dibattito

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