Giochi online: dall’Unione Europea un’attesa spinta verso regole coordinate

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La moltitudine di casi che negli ultimi mesi ha dato origine a diverse pronunce in via pregiudiziale della Corte di Lussemburgo in materia di gioco d’azzardo non è passata inosservata (finalmente, verrebbe da aggiungere) agli occhi delle istituzioni comunitarie e degli stessi Stati membri.

I primi segnali di una sensibilizzazione verso le problematiche inerenti alla circolazione transfrontaliera di servizi di gambling online, spesso intralciata da discipline nazionali restrittive, erano già emersi dall’organizzazione, da parte della presidenza belga dell’Unione, di una conferenza sul tema “Regulating gambling: the Role of the Authority”, nel corso della quale il commissario europeo per il mercato interno ed i servizi Michel Barnier aveva annunciato l’avvio di una consultazione pubblica che sarebbe risultata prodromica all’attuazione di norme tese a contrastare i problemi originatisi nel settore, tramite la redazione di un libro verde prevista a partire dal prossimo febbraio. In quella sede, il Commissario aveva auspicato che, traendo le conseguenze dal richiamo al principio di coerenza costantemente presente nelle decisioni in materia dalla Corte di giustizia, si sviluppasse una cooperazione tra le autorità nazionali di regolamentazione in grado di restituire soluzioni proficue nel contrasto all’offerta illegale di servizi online. Una scelta obbligata per affacciare un problema determinato proprio dalla dimensione transazionale della rete, divenuta veicolo di attività di gioco e al tempo stesso agile strumento di prevaricazione di (pur dubbie) barriere regolamentari.

I proclami allora espressi dal Commissario Barnier sembrano aver trovato un effettivo riscontro nell’emanazione delle conclusioni con cui il Consiglio dell’Unione Europea ha recentemente delineato le tre direttrici intorno alle quali intende provocare il confronto che avrà luogo tra gli Stati membri.

Dapprima, il Consiglio ha puntato l’attenzione sul ruolo di regolamentazione affidato alle autorità pubbliche, di cui è esempio, in Italia, l’AAMS; un ruolo che si traduce, in primis, nel compito di fissare criteri d’accesso al mercato interno che siano obiettivi, trasparenti e non discriminatori, in ossequio alla ormai decennale elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia. Insistendo su questo versante, il Consiglio ha inoltre suggerito possibili forme di collaborazione tra suddette autorità e gli attori politici e legislativi, allo scopo sia di apportare un contributo tecnico all’elaborazione della normativa settoriale sia di verificarne l’impatto e la compliance da parte degli operatori.

In secondo luogo, il Consiglio ha esortato una cooperazione tra le autorità nazionali di regolamentazione, che appare come il passaggio davvero cruciale per sanare i numerosi contrasti già noti alle attenzioni della Corte del Lussemburgo. In particolare, ciò dovrebbe permettere la condivisione di informazioni in merito agli operatori, una più intensa tutela dei consumatori, una riduzione degli oneri amministrativi e burocratici, nonché la definizione delle misure strategicamente più efficaci per governare (anche) l’impatto della tecnologia nel settore, ovverosia l’individuazione di quella che potrebbe definirsi la “best practice”. Tutt’altro che irrilevante è peraltro l’inciso secondo cui il sistema del mercato interno dell’informazione (Internal Market Information) dovrebbe costituire uno dei pilastri di questa cooperazione.

Da ultimo, il Consiglio si è anche soffermato sulle divergenze esistenti in alcuni Stati nella disciplina delle scommesse nazionali, incoraggiando soluzioni di maggior omogeneità.

Queste conclusioni hanno pertanto segnato un momento di notevole progresso rispetto al recente passato, popolato più da incertezze e tentennamenti che da energiche e convinte iniziative istituzionali.

Un simile contributo segna ormai indiscutibilmente la presa d’atto dell’urgenza di un intervento coordinato di matrice comunitaria e dovrebbe determinare il superamento delle velleitarie presunzioni di autosufficienza insite in quegli ordinamenti nazionali che, nel disciplinare la materia, sono apparsi muovere in controtendenza rispetto alla naturale esigenza di una cornice regolamentare di respiro sovranazionale per attività destinate alla diffusione tramite alla rete.

Inutile dire che se il piano delle intenzioni appare degno di nota, soltanto il tempo saprà raccontare se quello delle azioni risulterà altrettanto meritorio.

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About Author

Marco holds a PhD in Constitutional and European Law from the University of Verona (2016) and is a qualified lawyer in Milan (2013). He is an Emile Noël at the Jean Monnet Center for International and Regional Economic Law & Justice - New York University (School of Law). In 2010 he got his degree in Law (magna cum laude) from Bocconi University, Milan. He has been a visiting researcher at the Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law in Heidelberg (2012) and at the Max Planck Institute for Foreign and International Criminal Law in Freiburg im Breisgau (2012). His research interests include Constitutional Law, Information and Communication Law and EU Law.

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