Enforcement amministrativo dei diritti d’autore online: un punto sul Regolamento Agcom

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Ad un mese dall’entrata in vigore del nuovo regolamento dell’AGCOM (Delibera n. 680/13/CONS) è già pioggia di richieste. Il Regolamento sul diritto d’autore, entrato in vigore lo scorso 31 marzo, diventa il principale strumento per la lotta alla pirateria.

Solo qualche giorno fa il primo provvedimento (delibera Agcom n. 41/14/CSP): le richieste presentate rispettivamente da Inthelfilm s.r.l. e dalla FAPAV (Federazione Tutela Contenuti Audiovisivi e Multimediali) che segnalavano la presenza di opere cinematografiche in violazione di propri diritti sul sito “cineblog-01.net”, sono confluite in un provvedimento di condanna contro i fornitori di connessione internet per la disabilitazione dell’accesso al sito, ovvero il blocco dei DNS.

Non solo. Grazie al nuovo Regolamento, l’Italia è fuori – dopo ben 25 anni di permanenza continuativa – dalla watch list Usa dei paesi che non tutelano il copyright. Gli Stati Uniti sembrano infatti soddisfatti dall’adozione da parte di Agcom “di norme atte a combattere la pirateria su Internet” come rivela lo Special 301 Report del 2014 della Casa Bianca.

Oggi sappiamo che il Regolamento è l’esito di un percorso iniziato nel 2010, dopo tre consultazioni pubbliche su altrettante proposte. L’autorità garante sulla base delle competenze ad essa assegnate dal decreto legislativo n. 44 del 2010 (cosiddetto “Decreto Romani”) “adottava” il 12 dicembre 2012 la nuova disciplina, “autoconferendosi” poteri repressivi nei confronti di tutte le violazioni del diritto d’autore nelle reti telematiche.

 

A ben vedere una siffatta normativa non ha pari in altri paesi occidentali: con essa si conferisce ad un’ autorità amministrativa indipendente il potere di applicare incisive misure inibitorie sulla base di procedimenti sommari – laddove il resto del mondo riserva tali poteri solo e soltanto ad autorità giurisdizionali da utilizzarsi nel rispetto della  piena garanzia del diritto di difesa. Per tali ragioni alcune perplessità non sono del tutto superate.

Vediamone, in sintesi, la disciplina principale.

Il procedimento di cui al Regolamento può coinvolgere rispettivamente “i prestatori di servizi della società dell’informazione” (social networks, cyberlockers, carriers, host prividers, etc..) e i fornitori di servizi di media audiovisivi (tra cui anche i nuovi servizi video- on- demand).

Quanto ai primi, il procedimento prende avvio quando il titolare di diritti d’autore lamenti una violazione dei propri diritti da parte di un sito internet e avanzi di conseguenza un’istanza ad AGCOM (art. 6). Entro 7 giorni la Direzione servizi media dell’Autorità avvia un procedimento istruttorio, dandone notizia al prestatore di servizi ed (ove possibile) all’uploader, al gestore del sito o della pagina Internet. In caso di adempimento spontaneo alle richieste dell’istante da parte dei soggetti ora ricordati,  o nel caso in cui l’istante avvii un giudizio innanzi al giudice ordinario, la Direzione competente archivia il procedimento. Diversamente, al termine di una sommaria e breve istruttoria, la Direzione trasmette gli atti all’organo collegiale dell’Autorità, suggerendo l’archiviazione o l’adozione di provvedimenti sanzionatori (art. 7).

 

Accertata la violazione, AGCOM può ordinare all’ host provider di operare una rimozione selettiva dei contenuti digitali protetti, di disabilitare l’accesso al sito Internet che li ospita e, se i siti sono ospitati da server posti all’estero, l’Autorità ordina ai carrier telefonici di disabilitare l’accesso dei loro abbonati al sito Internet ospitante i contenuti digitali contraffatti (art. 8).

Solamente tre giorni sono concessi al destinatario dei provvedimenti per ottemperare ai predetti ordini e per non incappare in salate sanzioni: da 10.000 a 250.000 euro. In caso poi di recidiva o di particolare gravità della violazione AGCOM può adottare provvedimenti di sospensione dell’attività, oppure di revoca di licenze o autorizzazioni. Del resto, venire meno agli ordini dell’Autorità priva l’ host provider dell’esenzione dalla responsabilità per risarcimento garantita dall’art. 16 d.lgs. 70/2003.

Il tutto per una durata massima di soli 35 giorni, a partire dalla ricezione da parte di AGCOM dell’istanza che avvia la procedura.

Quando viene invece coinvolto un fornitore di servizi di media audiovisivi, la procedura prevista è praticamente la medesima di quella applicata alle violazioni in Internet, ma differenti sono i provvedimenti adottabili da AGCOM consistenti in questo caso nell’inibitoria dell’ulteriore diffusione lineare dell’opera, ovvero nell’ordine di rimuoverla dal catalogo on-demand.

Ebbene, si può quindi constatare che l’obiettivo per sé apprezzabile di contrastare in modo celere ed efficace le violazioni massive dei diritti d’autore on line, sia stato però perseguito concedendo ad un’autorità amministrativa il potere di regolamentare temi che incidono profondamente sui diritti costituzionali dei cittadini italiani.

L’Agcom si difende sul punto facendo riferimento all’articolo 6 del cosiddetto decreto Romani, decreto che recepirebbe la direttiva europea 2007/65 (Audiovisual Media Services, AVMS) in materia di esercizio di attività televisiva. Anche se, a ben vedere, nella direttiva le attribuzioni alle autorità nazionali di regolazione sono davvero modeste, mentre il decreto Romani sembrerebbe invece molto più spostato in favore dell’Authority.

Ed è proprio sulla base di tale contestazione che il regolamento è stato prima impugnato da alcune associazioni di consumatori (Altroconsumo, Movimento di difesa del Cittadino, Assoprovider,  Federazione dei media indipendenti, Open media coalition e associazione Nazionale Stampa Online..) dinnanzi al TAR del Lazio (l’udienza si terrà il 25 giugno 2014) e pochi giorni fa dalla Tv satellitare Sky, con ricorso straordinario al Capo di Stato.

Il motivo principale e specifico del suddetto ricorso è dato dal fatto che, sotto il profilo della violazione del diritto d’autore, l’unica disposizione rilevante della direttiva 2007/65 è la richiesta agli Stati membri di assicurare che i fornitori di servizi media soggetti alla loro giurisdizione non trasmettano opere cinematografiche al di fuori dei periodi concordati con i titolari dei diritti (art. 3 quinquies). Infatti da anni l’Unione Europea si trascinava la problematica delle c.d. “finestre di trasmissione” (prevista inizialmente dall’art. 7 della direttiva 89/552, novellato dalla direttiva 97/36) e pertanto era intervenuta sul punto con la direttiva di cui sopra.

Il menzionato articolo 6 del d.lvo 44/2010 con l’aggiunta di un nuovo articolo 32 bis (protezione del diritto d’autore) al Testo Unico 177/2005 non si limita, come dovrebbe, al recepimento della delega ricevuta, ma permette in aggiunta all’Authority di emanare “le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l’osservanza dei limiti e dei divieti di  cui al presente articolo”, conferendole un potere non compatibile con il dettato costituzionale e viziando il decreto stesso di “eccesso di delega” rispetto la legge 7 luglio 2009, n. 88.

Questo perlomeno quanto si sta tentando di contestare tramite i ricorsi di cui sopra.

Certo è che, in virtù della riserva di legge come da Costituzione, solo l’autorità giudiziaria avrebbe il potere di dettare provvedimenti e a tale sola autorità spetterebbe decidere su violazioni del diritto d’autore. Queste violazioni non di rado si rivelano reati, tant’è che vi è l’obbligo per gli ispettori di compilare processo verbale da trasmettere immediatamente agli organi di polizia giudiziaria ogni volta si accerti una violazione del diritto d’autore. Si palesa subito come potranno facilmente crearsi problemi di raccordo tra i due procedimenti concorrenti tra loro – quello giudiziario e quello amministrativo (come del resto è accaduto/sta accadendo con il sito “cineblog-01.net”).

In conclusione, la sensazione è che se da un lato il Regolamento è stato certamente disegnato come uno strumento rapido ed efficace contro la lotta alle violazioni del diritto d’autore e la “pirateria” on line, d’altro canto e in ogni caso, con altrettanta rapidità si è accantonata la considerazione che il permettere ad un’autorità amministrativa di agire come un’autorità giudiziaria non potrà mai – per propria natura – garantire una piena tutela ai diritti degli utenti dagli abusi dettati da esigenze – accertate sommariamente – di presunti detentori di diritti d’autore.

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