Deutsche Telecom C. Commissione: Prove di “Concerto Regolamentare”

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Regolazione, concorrenza e decisioni d’impresa. Il rapporto tra concorrenza e regolazione è oggetto di un dibattito che, da oltre un decennio, ruota attorno ad un dato acquisito e ad un auspicio: se è assodato che quello tra concorrenza e regolazione sia un “matrimonio difficile” (A. Kahn), si auspica, tuttavia, che il “concerto regolamentare” (S. Cassese) tra regolatori nazionali e Commissione europea sani i potenziali conflitti in via preventiva, a garanzia della certezza del diritto.

Il dibattito non è teorico poiché esso si riflette in modo diretto sulle imprese, le quali devono impostare le proprie politiche e decisioni commerciali in tempi dettati dalle esigenze del mercato. Chi volesse un chiaro esempio di tale fatto potrebbe leggere la sentenza pronunciata il 14 ottobre 2010 dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale chiude il caso Deutsche Telecom c. Commissione (C-280/08 P) con un vincitore (la Commissione europea) e due sconfitti: Deutsche Telecom (DT) e l’Autorità tedesca di regolamentazione delle poste e telecomunicazioni (RegTP). Vediamo in che senso.

La sentenza nel caso DT c. Commissione. La sentenza ha origine dal ricorso promosso da DT contro la decisione 2003/707/CE con la quale la Commissione europea aveva accertato in capo a DT (ex monopolista, gestore della rete telefonica tedesca) un abuso di posizione dominante ai sensi dell’attuale art. 102 TFUE, comminando una sanzione di 12,6 milioni di euro. La condotta contestata – in sintesi – configurava un caso di margin squeeze o compressione del margine di utile che i concorrenti avrebbero potuto ricavare dalla vendita dei servizi ai propri abbonati. Più precisamente, secondo la Commissione, dal 1998 al 2003 per l’accesso da parte dei concorrenti alla rete telefonica locale DT aveva applicato loro tariffe all’ingrosso superiori alle tariffe al dettaglio che la stessa DT avrebbe praticato ai propri abbonati. In tal modo, DT avrebbe costretto i concorrenti ad applicare ai loro abbonati tariffe al dettaglio superiori a quelle praticate dall’ex monopolista per l’erogazione di analoghi servizi.

In primo grado, il ricorso di DT contro la decisione 2003/707/CE era stato integralmente respinto dal Tribunale con sentenza del 10 aprile 2008 (causa T-271/03), successivamente impugnata dinanzi alla Corte nel caso in commento.

Tra i motivi sviluppati in sede di impugnazione, DT insiste sul profilo della non imputabilità dell’infrazione: secondo la ricorrente, essa non avrebbe disposto di alcun margine di manovra per determinare i prezzi all’ingrosso per i servizi di accesso alla rete locale, atteso che detti prezzi sarebbero stati fissati dal RegT. Pertanto, qualora fosse stata configurabile una pratica di margin squeeze, la Commissione avrebbe dovuto adottare non una decisione contro l’ex monopolista ai sensi dell’art. 102 TFUE, bensì avrebbe dovuto avviare una procedura di infrazione contro la Germania, ai sensi dell’attuale art. 258 TFUE, in considerazione dei provvedimenti assunti dal RegT. Ma come nelle previsioni peggiori (per la ricorrente), la Corte conferma che il rapporto tra la responsabilità di DT e quella del RegT non è alternativo. Ecco in sintesi i principali passaggi della motivazione sviluppata sul punto dalla Corte.

Margine di manovra di DT e provvedimenti del RegT. Ai sensi del diritto tedesco applicabile, le tariffe controverse erano soggette ad autorizzazione del RegT. In primo grado, il Tribunale aveva in proposito ritenuto che il fatto che le tariffe al dettaglio dovessero essere approvate dal RegT non escludeva la responsabilità di DT ai sensi dell’art. 102 TFUE: lo stesso ex monopolista aveva influito, infatti, sulla fissazione delle proprie tariffe al dettaglio, per i servizi di accesso agli abbonati, presentando le domande di autorizzazione al RegT. Proprio la possibilità di presentare domande di aumento delle tariffe al dettaglio avrebbe attribuito a DT il margine di manovra necessario per evitare di incorrere in una violazione dell’art. 102 TFUE. Nel confermare il ragionamento del Tribunale, la Corte conferma la consolidata giurisprudenza per la quale l’applicabilità dell’art. 102 TFUE è esclusa solo qualora “un comportamento anticoncorrenziale venga imposto alle imprese da una normativa nazionale o quest’ultima crei un contesto giuridico che di per sé elimini ogni possibilità di comportamento da parte loro”. La Corte ribadisce che questa massima deve essere applicata in modo particolarmente rigoroso alle imprese in posizione dominante. Pertanto, “la sola circostanza che [DT] sia stata sollecitata, per effetto degli interventi di […] RegT, a mantenere l’applicazione delle proprie pratiche tariffarie […]  non può, di per sé, eliminare affatto la sua responsabilità ex art. [102 TFUE]”. Insomma, secondo la Corte, il margine di manovra che avrebbe consentito a DT di modificare le proprie tariffe al dettaglio è elemento – di per sé solo – sufficiente al fine di imputare il margin squeeze alla stessa impresa.

La Corte si sofferma anche sul rilievo che i provvedimenti del RegT possono assumere rispetto alla Commissione europea, da un lato, e rispetto alle imprese, dall’altro. Ricorda, innanzitutto, che “la Commissione non può essere vincolata da una decisione emessa da un’autorità nazionale in forza dell’art. [102 TFUE]”. Non esclude, quindi, che nella fattispecie sia ravvisabile una violazione dell’art. 102 TFUE in combinato disposto con l’attuale art. 4, par. 3 TUE da parte delle autorità nazionali. Ribadisce, inoltre, che le norme previste dall’Unione in materia di concorrenza “completano […], per effetto di un esercizio di controllo ex post, il contesto normativo adottato dal legislatore dell’Unione ai fini della regolamentazione ex ante dei mercati delle telecomunicazioni”. La Corte fa così intendere che l’adozione di un provvedimento ex ante da parte del regolatore nazionale non preclude alla Commissione europea di avviare procedure ai sensi dell’art. 102 TFUE nei confronti delle stesse imprese destinatarie dei provvedimenti nazionali.

Nel caso di specie, infine, la Corte ha dichiarato irricevibili i motivi di impugnazione fondati sul legittimo affidamento ingenerato in DT per effetto dei provvedimento del RegT, circa la compatibilità delle tariffe con il divieto di cui all’art. 102 TFUE. In proposito, si consolidano dunque le conclusioni raggiunte dal Tribunale il quale, nella sentenza di primo grado, aveva rilevato come nessun legittimo affidamento potesse essere fondato sulle decisioni del RegT in quanto (i) queste ultime “non contengono alcun riferimento all’art. 102 TFUE” e (ii) dalle stesse decisioni “risulta implicitamente, ma necessariamente […] che le pratiche tariffarie [di DT]producono un effetto anticoncorrenziale, atteso che i concorrenti devono fare ricorso ad una sovvenzione incrociata per poter rimanere competitivi sul mercato dei servizi di accesso”.

Conclusioni (operative) per le imprese. La sentenza DT c. Commissione conferma la necessità che le imprese, in sede di impostazione della propria attività, svolgano autonome e complete valutazioni di compliance dei profili regolatori e antitrust: tali valutazioni non devono limitarsi a soddisfare i requisiti del procedimento ad es. autorizzatorio nazionale, ma (in sede preventiva) devono includere i profili di compatibilità della decisione d’impresa con le regole di concorrenza. Prendendo ad esempio il caso in commento, l’azione di compliance si conferma, dunque, essenziale per ridurre i rischi connessi alla responsabilità che residua in capo all’impresa anche in seguito all’adozione di provvedimenti da parte dell’autorità di regolazione nazionale.

Lo sforzo in tal modo richiesto alle imprese potrebbe essere eccessivamente gravoso, tuttavia, se non dovesse essere accompagnato dalla più efficace attuazione dei meccanismi di “concerto regolamentare” espressamente previsti dalla normativa UE (e.g. la “procedura articolo 7”  prevista dalla Direttiva quadro in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica 2002/21/CE). Tali meccanismi normativi definiscono i termini di quel dialogo costruttivo, fra Commissione europea e autorità nazionali, che (ancora una volta in ottica preventiva) dovrebbe consentire di emettere provvedimenti che contengano la corretta sintesi ex ante dei profili di concorrenza e regolazione rilevanti per la impostazione della condotta delle imprese.

Per ridurre i rischi ed i costi che “il difficile matrimonio” fra regolazione e concorrenza può determinare per le imprese è importante, dunque, che il relativo dibattito si incentri sulla migliore implementazione degli strumenti che assicurano l’avvio del “concerto regolamentare” in termini preventivi.

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