AGCOM pubblica i risultati dell’Indagine conoscitiva concernente lo sviluppo delle piattaforme digitali e dei servizi di comunicazioni elettronica

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L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (“AGCOM”) ha recentemente pubblicato i risultati della “Indagine conoscitiva concernete lo sviluppo delle piattaforme digitali e dei servizi di comunicazioni elettronica” (Allegato A alla delibera n. 165/16/CONS – “Indagine”).

Tale Indagine concentra la propria analisi sui c.d. consumer communications services, altrimenti definiti anche come app di comunicazione sociale; si tratta di applicazioni principalmente (ma non esclusivamente) utilizzate da dispositivi mobili che consentono agli utenti di scambiarsi contenuti vocali, messaggi, foto e video. Tra di esse, alcune delle più diffuse sono WhatsApp, Indoona, iMessage, Facebook Messenger, Skype.

Lo sviluppo e la diffusione di questo tipo di piattaforme, incentivati dall’incremento di servizi di accesso a banda larga tanto da terminali fissi quanto e soprattutto da terminali mobili, ha destato interesse negli operatori e nei regolatori. E questo, in particolare, ha portato il regolatore a confrontarsi con le questioni che scaturiscono dalla sussistenza di eventuali profili di sostituibilità fra i servizi offerti sulle piattaforme digitali e i tradizionali servizi di telefonia e messaggistica. Se i primi sono forniti da operatori “nuovi”, cosiddetti Over The Top (“OTT”), la cui offerta è erogata tramite la rete Internet e generalmente non soggetta a garanzie di qualità, i secondi sono invece forniti da operatori “tradizionali”, i cui servizi sono, invece, offerti tramite rete e infrastruttura telefonica dedicata e sottoposti a regolamentazione.

L’obiettivo dell’Indagine, che si sofferma in particolare sull’analisi di quella parte di servizi rappresentata dalle app di comunicazione sociale per indagarne i potenziali profili critici in termini di conseguenze sugli equilibri concorrenziali, è quello di individuare le potenziali aree di intervento regolamentare, nella misura in cui questo sia ritenuto opportuno.

Dall’analisi del quadro giuridico di riferimento, ricostruito, in particolare, sulla base della definizione di “servizio di comunicazione elettronica” (“ECS”) presente nella Direttiva 2002/21/CE, che ha istituito un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica a livello europeo (“Direttiva Quadro”), emerge come questi siano caratterizzati dalla condizione essenziale di trasporto del segnale su reti di comunicazione elettronica. Poiché gli OTT non svolgono alcuna attività di trasporto/trasmissione del segnale, limitandosi a offrire i propri servizi sulla rete Internet, ne deriva che formalmente tali servizi sembrerebbero non ricadere in tale definizione.

L’Indagine rileva che la definizione di ECS contenuta nella Direttiva Quadro sembrerebbe non essere più in linea con l’attuale tecnologia digitale e con le sue applicazioni che consentono agli utenti di comunicare in modo analogo a quanto accade per mezzo dei tradizionali servizi di comunicazione.

Proprio alla luce di questo, i nuovi servizi oggetto dell’Indagine sono al momento sottratti alla regolamentazione prevista dal quadro normativo europeo, che invece trova applicazione con riferimento ai tradizionali operatori delle telecomunicazioni e ai servizi da essi offerti.

Tuttavia, a livello europeo, recenti iniziative regolamentari e indirizzi della Corte di Giustizia sembrerebbero aprire a una nuova definizione di ECS, più ampia rispetto a quella originale, da adattare all’innovato contesto tecnologico, eliminando i requisiti della remuneratività, della responsabilità del trasporto del segnale e della proprietà della rete. Una possibile relazione di sostituibilità fra servizi tradizionali e servizi di comunicazione sociale potrebbe infatti fondarsi, più che su ragioni di ordine tecnico legate al mero trasporto del segnale, sulla percezione dal lato della domanda, ovvero quella avvertita dagli utenti dei servizi stessi. D’altronde, anche il requisito della remuneratività del servizio potrebbe considerarsi superato, e dovrebbe dunque essere rivisto anche alla luce del fatto che, seppure i servizi di comunicazione in modalità OTT siano comunemente offerti in via gratuita agli utenti, gli operatori che li offrono potrebbero comunque percepire un corrispettivo su altri fronti (ciò, in particolare, con riferimento alle piattaforme c.d. multi-versante).

Ciò posto, l’Indagine valuta l’opportunità di ricondurre alcuni servizi forniti in modalità OTT nell’alveo della definizione di ECS e, conseguentemente, di sottoporli ad analoghe misure regolamentari al pari dei fornitori dei tradizionali servizi di comunicazione. A tal fine, è necessario stabilire se le due tipologie di servizi possano essere ritenute sostituibili, cioè riconducibili da un punto di vista merceologico al medesimo mercato, o piuttosto complementari. Per quanto riguarda l’Italia, l’esito di tale valutazione sembra positivo: le condizioni per favorire la diffusione dei servizi più avanzati di app di comunicazione sociale risultano, almeno prima facie, tutte rispettate: dalla copertura dell’LTE al tasso di sottoscrizioni della banda larga mobile fino alla diffusione degli smartphone.

Pertanto, l’analisi di sostituibilità dal lato della domanda e dal lato dell’offerta condotta in occasione dell’Indagine delinea uno scenario di mercato che conferma quanto già riscontrato dall’AGCOM nell’analisi del mercato della terminazione SMS. Per la messaggistica, infatti, l’Indagine conclude che esiste un sufficiente grado di sostituzione tra i servizi SMS e i servizi di app di comunicazione sociale. Per quanto concerne, invece, le chiamate tramite i c.d. servizi VoIP unmanaged usufruibili tramite app – vale a dire i servizi non dedicati e gestiti direttamente dall’operatore, che non prevedono l’interconnessione con la rete telefonica pubblica e che, pertanto, non assicurano lo stesso grado di qualità rispetto ai servizi telefonici che accedono alla rete telefonica pubblica tradizionale – tale grado di sostituzione non sembra essere stato a oggi ancora raggiunto. Infatti, i nuovi servizi non sono ancora visti dall’utente come perfetti sostituti delle chiamate tradizionali su rete mobile o su rete fissa. L’AGCOM considera, comunque, ragionevole attendersi che, nel medio-breve termine, sarà raggiunto un adeguato grado di sostituibilità anche rispetto a quest’ultima tipologia di servizi.

L’Indagine approfondisce le condizioni e il contesto di mercato in cui operano entrambi i tipi di fornitori di servizi. I tradizionali operatori di rete mobile, siano essi “infrastrutturati” (ovvero detentori di reti o infrastrutture proprie) o operatori “virtuali” (ovvero operatori che si appoggiano a reti o infrastrutture di altri operatori verso un corrispettivo per il loro utilizzo) sono sottoposti in via regolamentare a una serie di obblighi: ad esempio, sono soggetti ad autorizzazione generale per svolgere la propria attività, rispettare la normativa nazionale a tutela dei diritti del consumatore, la regolamentazione relativa all’interconnessione delle reti, etc. Gli operatori di rete mobile infrastrutturati, inoltre, devono farsi carico dei costi per l’attribuzione dei lotti delle frequenze, rispettare le regole delle relative procedure di assegnazione e sostenere gli oneri connessi al loro utilizzo. Invece, stando all’attuale quadro normativo, i fornitori di app di comunicazione sociale non dovrebbero ottenere alcuna autorizzazione per svolgere la propria attività; né sarebbero assoggettati agli obblighi di mettere in atto procedure di portabilità del numero, o di consentire alle forze dell’ordine la possibilità di tracciare o intercettare le chiamate degli utenti.

L’Indagine pone l’accento, dunque, su quella che a una prima lettura risulta essere una disparità di trattamento. Nella prospettazione dell’AGCOM, tale disuguaglianza sarebbe esemplificata dal fatto che gli OTT, pur utilizzando indirettamente le risorse degli operatori mobili tradizionali, non dovrebbero né farsi carico dei costi connessi, né rispettare le regole imposte dalla normativa di settore. Nel complesso, la disparità comporterebbe una serie di vantaggi agli operatori OTT che offrono i servizi oggetto dell’Indagine, consentendo loro almeno in linea di principio di offrirli ai consumatori a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle offerte dagli operatori di rete mobile, sottoposti a regimi regolamentari più onerosi.

Ciò posto, l’Indagine esamina i possibili effetti delle asimmetrie regolamentari e di eventuali barriere all’entrata. L’esito dell’esame evidenzia tuttavia che rimuovere, del tutto o in parte, dette asimmetrie – ad esempio prevedendo obblighi anche in capo ai soggetti OTT o diminuendo quelli in capo agli operatori tradizionali – potrebbe frenare o addirittura arrestare lo sviluppo dei servizi di comunicazione elettronica più innovativi, ad esempio nell’ipotesi in cui gli obblighi imposti agli OTT dovessero rivelarsi sproporzionati. La regolamentazione del settore potrebbe quindi rischiare di interrompere il circolo virtuoso dell’innovazione che sta caratterizzando proprio questo settore. L’Indagine pone l’accento, dunque, sulla necessità di valutare con particolare prudenza l’opportunità di stabilire obblighi simmetrici.

Alla luce delle analisi compiute, l’Indagine considera opportuno procedere in ambito europeo a una riformulazione della definizione di servizi ECS per riflettere il nuovo contesto tecnologico ed economico. Secondo l’AGCOM è necessario infatti adeguare tale nozione al fine di adottare in futuro, un level playing field tra le differenti tipologie di operatori del settore. L’Indagine reputa, inoltre, auspicabile riesaminare e modificare detta nozione anche ai fini dell’armonizzazione delle normative degli Stati membri. Quale che sia la nuova definizione di ECS, ai fini della sua applicazione dovranno essere poi chiaramente identificate le regole che i fornitori di servizi in essa rientranti dovranno rispettare. La nuova definizione di ECS dovrebbe comunque essere sottoposta a una valutazione di idoneità della misura rispetto all’obiettivo conseguito, come raccomandato anche nel “Report on OTT services” pubblicato dal BEREC (gennaio 2016).

In conclusione, nel momento in cui si dovesse ritenere opportuno intervenire sulla definizione di ECS e degli obblighi e facoltà ad essa connessi, ciò dovrebbe in primo luogo avvenire a livello europeo. Soltanto in un secondo momento il legislatore nazionale dovrebbe poi adoperarsi per emendare il Codice delle comunicazioni elettroniche e recepire le indicazioni del regolatore europeo. Tale intervento modificativo dovrebbe riflettere la relazione di sostituibilità fra servizi tradizionali e nuovi, nonché l’applicazione del test di ragionevolezza e proporzionalità alle misure regolamentari di volta in volta proposte. Una simile ridefinizione della materia consentirebbe, così, un esercizio più efficace e rapido del potere regolamentare dal lato dei regolatori nazionali.

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